Detrazioni IVA e principio di inerenza: sentenza UE

di Filippo Davide Martucci

Pubblicato 9 Maggio 2013
Aggiornato 29 Giugno 2015 21:33

Detrazioni IVA: la sentenza della Corte UE che ribadisce la necessaria connessione tra costo e attività d'impresa.

La sentenza della Corte UE del 21 febbraio 2013 aveva ribadito che non si poteva detrarre sistematicamente l’IVA, ma era necessario un nesso tra la natura dei beni e servizi acquistati e le operazioni che caratterizzano lo svolgimento dell’attività d’impresa.

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Normativa UE

Come recita l’art. 17, par. 2, lett. a) della Direttiva 77/388/Cee, modificata dalla Direttiva 2001/115/Ce, al soggetto passivo è concessa la detrazione dell’IVA esclusivamente “nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta”. L’art. 178 della Direttiva 2006/112/Ce, prevede che per detrarre l’imposta è necessario aver adempiuto alle formalità dettate dai singoli Stati membri (operazioni interne), l’aver riportato all’interno della dichiarazione annuale IVA i dati necessari ai fini della determinazione dell’imposta (operazioni intracomunitarie) e la presenza di documenti in grado di comprovare l’importazione o di indicare il soggetto passivo come destinatario o importatore e, alternativamente, l’imposta dovuta o la modalità di calcolo della stessa.

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Normativa italiana

Anche la normativa italiana, come evidente, si muove sui medesimi binari di quella europea: l’art. 19, co. 1, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 cff1 219 sottolinea come l’imposta può essere considerata detraibile limitatamente alle operazioni effettuate “in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione”, stabilendo così il principio di inerenza della spesa sostenuta, secondo il quale deve esistere una correlazione imprescindibile tra la spesa sostenuta e il ricavo ottenuto.

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Sentenza UE

Entrando nel merito della sentenza UE, il caso riguardava un imprenditore individuale tedesco, amministratore di Srl, che nello svolgimento delle sue mansioni aveva subìto un processo penale con l’accusa di aver ottenuto informazioni riservate attraverso regalie e benefici, che gli avevano consentito di presentare un’offerta molto vantaggiosa per un appalto. L’imprenditore aveva fatto ricorso alla difesa di un avvocato, la cui parcella era stata fatturata alla Srl, che aveva a sua volta detratto l’imposta sul valore aggiunto. A questo punto l’Amministrazione finanziaria tedesca obiettava la mancanza del nesso diretto tra le operazioni a monte e quelle a valle. Il compito dei giudici era quindi decidere se esistesse nel caso di specie il nesso tra le spese sostenute dalla società per la difesa dell’amministratore e l’attività d’impresa esercitata, tenuto conto che, se è vero che l’amministratore stava esercitando le proprie funzioni mentre compiva il reato, un reato penale è ascrivibile alla persona fisica e non a quella giuridica. Bisogna sottolineare che tra la persona fisica e quella giuridica esisteva un rapporto di convenzione di integrazione fiscale, attraverso il quale venivano viste come un soggetto unico in cui l’impresa individuale accettava anche gli impegni fiscali della società che amministrava. La Corte non ha giudicato la difesa dell’imprenditore tedesco come attività d’impresa, in quanto rivolta esclusivamente alla tutela personale dell’amministratore, e quindi l’imposta sulle spese legali non è stata giudicata detraibile. Va detto che è complesso definire le varie fattispecie, e che ogni caso va analizzato a parte, proprio perché quella di nesso diretto e immediato è una definizione che in ogni caso implica un approccio soggettivo, non essendoci una definizione univoca che consenta di esprimersi in maniera incontrovertibile.