Tratto dallo speciale:

Riforma Fornero in pillole: i nuovi contratti

di Francesca Pietroforte

Pubblicato 19 Settembre 2012
Aggiornato 24 Giugno 2013 12:10

La Riforma del Lavoro Fornero ha riorganizzato il mondo del lavoro, introducendo importanti novità per molte tipologie di contratto: vediamole una per una.

Analizziamo tutte le novità della Riforma del lavoro per quanto concerne le modifiche alle condizioni contrattali dei diversi rapporti di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali.

Consulta lo Speciale sulla Riforma del lavoro Fornero

Tempo determinato

Il disegno di legge n. 3249 convertito nella Legge Lavoro ha modificato i tempi di pausa che devono intercorrere tra due contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dall’azienda con il medesimo lavoratore: da 10 giorni per contratti inferiori ai sei mesi si è passati a 60; da 20 giorni per contratti superiori ai sei mesi si è passati ai 90.

Dopo 36 mesi complessivi con contratto a termine (compresi quelli di somministrazione), il datore di lavoro è obbligato ad assumere il lavoratore a tempo indeterminato.

Per approfondire – Il contratto a tempo determinato dopo la Riforma

Inserimento

Il contratto di inserimento è stato cancellato dalla Riforma del Lavoro per favorire quello di apprendistato.

In precedenza era utilizzato per favorire l’accesso al mondo del lavoro attraverso particolari sgravi fiscali per alcune categorie svantaggiate (giovani tra 18 e 29 anni, disoccupati di lunga durata tra 29 e 32 anni, over 55 senza lavoro, disoccupati da due anni, donne residenti in aree geografiche a basso tasso di occupazione femminile, portatori di handicap). In seguito all’eliminazione restano validi i contratti stipulati fino al 31 dicembre 2012.

Apprendistato

Il contratto di apprendistato occupa una posizione di rilievo nella Riforma Fornero: nato come un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (fatta eccezione per le attività stagionali dove è ammesso il tempo determinato) teso alla formazione e all’occupazione dei giovani, può assumere varie forme:

  1. apprendistato per la qualifica e il diploma professionale,
  2. apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere,
  3. apprendistato di alta formazione e ricerca.

Il legislatore ha lasciato ampia disponibilità ai sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro riguardo alla applicazione di questa tipologia contrattuale, fatti salvi i seguenti obblighi:

forma scritta, patto di prova, piano formativo individuale, divieto di cottimo, sotto-inquadramento fino a massimo due livelli o pagamento della retribuzione in percentuale, presenza di tutor o referente aziendale, riconoscimento della qualifica professionale in azienda e fuori, registrazione dell’attività di formazione attraverso l’uso di libretto, finanziabilità dei precorsi formativi attingendo a fondi paritetici, possibilità di reiterazione del periodo di formazione provocato da malattie o altre assenze involontarie, divieto di recesso durante il periodo di formazione per entrambe le parti, divieto di licenziamento durante il percorso formativo tranne che per giusta causa o giustificato motivo, possibilità di recedere dal contratto mediante preavviso in ossequio all’art. 2118 del Codice civile.

Le novità introdotte dalla Riforma del Lavoro Fornero riguardano:

  • durata minima del contratto pari a 6 mesi;
  • stabilizzazione del 50% di apprendisti assunti nell’ultimo triennio (30% per i primi tre anni di applicazione della nuova norma) fatte salve le interruzioni dei rapporti nel periodo di prova;
  • dimissioni o licenziamento per giusta causa;
  • assunzione di apprendisti in rapporto di 3 ogni 2 maestranze specializzate in servizio.

Per approfondire – Apprendistato: chiarimenti sulla nuova disciplina

Part-time

La Riforma introduce il diritto di ripensamento – per lavoratori studenti o affetti da gravi patologie – consistente nella revoca del consenso alle clausole flessibili ed elastiche con cui il datore di lavoro può di norma modificare un contratto part-time.

Il contratto part-time può infatti essere modificato dal datore di lavoro attraverso clausole flessibili con preavviso di 5 giorni e clausole elastiche (preavviso minimo 2 giorni) applicabili al part-time verticale e misto, con l’aumento del tempo di lavoro per determinati giorni.

Il contratto di lavoro a tempo parziale (part-time), lo ricordiamo, prevede una riduzione dell’orario di lavoro orizzontale (orario giornaliero), verticale (tempo pieno alcuni giorni a settimana) o misto (entrambe le fattispecie).

Il lavoratore può inoltre richiedere l’eliminazione o la modifica delle clausole attraverso la contrattazione collettiva.

Lavoro intermittente

Nel contratto di lavoro a chiamata (per prestazioni lavorative senza carattere di continuità) la Riforma Fornero ha introdotto un ulteriore obbligo di comunicazione di assunzione del lavoratore intermittente presso la Direzione Territoriale del Lavoro, a carico del datore di lavoro, in mancanza della quale è prevista una sanzione amministrativa.

Per approfondire – Lavoro intermittente dopo la Riforma

Lavoro a progetto

Le collaborazioni continuative svolte in maniera autonoma e coordinate dal datore di lavoro prevedono che al momento della stipula sia messo per iscritto nel contratto il progetto, che la nuova norma prevede funzionalmente collegato a un risultato finale determinato ( e non una semplice riproposizione dell’oggetto sociale dell’azienda).

Il progetto dei co.co.co non può riguardare compiti esclusivamente esecutivi o ripetitivi, sovrapponendosi con altre figure professionali individuate dai contratti collettivi.

È possibile per il datore di lavoro recedere dal contratto in presenza di inidoneità professionale del lavoratore, tali da precludere la possibilità di svolgere le mansioni previste. Il recesso del lavoratore è invece possibile solo se il contratto lo prevede, e comunque solo con il necessario preavviso.

Per approfondimenti – I contratti dei Co.co.co. dopo la Riforma ed il Dl Sviluppo

Licenziamenti

La Riforma Lavoro ha stabilito che per i licenziamenti illegittimi (discriminatori) continui a essere valido l’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: In caso di ricorso vinto il lavoratore ha diritto (fatto salvo il risarcimento del danno, calcolato in base alla retribuzione che il lavoratore avrebbe ricevuto dal giorno dell’ingiusto licenziamento fino al giorno della reintegrazione, decurtato di quanto percepito in conseguenza allo svolgimento di altri lavori nel periodo di licenziamento) a essere reintegrato o, in alternativa, a una indennità sostitutiva pari a 15 mensilità della vecchia retribuzione.

Nel licenziamento per motivi disciplinari di minore entità il giudice può decidere per il reintegro più il pagamento della mancata retribuzione, decurtata di quanto percepito dal dipendente durante il periodo di licenziamento per altre attività di lavoro e di quanto avrebbe potuto percepire se si fosse dedicato alla ricerca di un nuovo lavoro con i dovuti requisiti di diligenza.

In tutti gli altri casi (es.: licenziamento per motivi economici) in cui il giudice non ritenga la presenza di giusta causa o giustificato motivo, non è più previsto il reintegro ma esclusivamente il risarcimento che, in base ai requisiti (dimensioni dell’azienda, anzianità del lavoratore e comportamento delle parti) può variare tra le 12 e le 24 mensilità.
Per approfondimenti – Lavoro: le nuove regole per dimissioni e licenziamenti