Il pagamento della prima rata dell?Imu si avvicina e i comuni italiani si preparano a ritoccare la tassa sulle abitazioni secondo quanto stabilito dal Governo: se circa 13 amministrazioni comunali sono già pronte a riscuotere i nuovi importi dai cittadini, nella maggior parte delle città si attenderà fino al 30 giugno per ricalcolare la tassa e mettere in atto gli aumenti, tanto che il peso del fisco si sentirà soprattutto quando arriverà il momento di versare la seconda rata, fissata per il 16 dicembre.
L?Imu è la nuova tassa sugli immobili che sostituisce la vecchia Ici, e che torna quindi dopo quattro anni di assenza a svuotare le tasche degli italiani. La prima rata, prevista per il 16 giungo, prevede il versamento di una tassa calcolata sulla base dell?aliquota del 4 per mille, mentre la seconda rata potrebbe aumentare di importo perché conteggiata dalle singole municipalità, con un?aliquota che potrebbe subire incrementi fino al 10,7 per mille (l?aliquota standard del 7,6 per mille può infatti essere incrementata o diminuita dai Municipi del 3 per mille).
Da un rapporto stilato dalla Uil Servizio politiche territoriali si apprende che 13 comuni italiani hanno già provveduto a fissare gli importi dell?Imu: sette hanno aumentato le aliquote sia per la prima sia per la seconda casa rispetto alle cifre base fissate dal Governo. Sono sei, invece, le città che hanno potenziato solo le tasse relative alla seconda casa. La maggioranza dei centri urbani, tuttavia, sembra voler attendere almeno fino alle elezioni amministrative di maggio prima di stabilire le quote definitive.
Tra le amministrazioni comunali che hanno già fissato i rincari ci sono Firenze, Cuneo, Salerno, Reggio Emilia, Trento, Parma, Ferrara, Roma e Bologna, dove gli aumenti superano perfino il 30 per cento.
Intanto, dai sindaci delle “Città metropolitane? è stato lanciato un appello diretto al Governo al fine di chiedere una profonda modifica della normativa sull?Imu, in riferimento soprattutto a quanto previsto per i beni di proprietà comunale. Il testo della petizione, siglato dai primi cittadini di Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Milano, Napoli, Torino, Trieste, Roma e Venezia, cita infatti così:
«Con questa norma i Comuni avranno l’obbligo di versare allo Stato il 50% del relativo gettito e, per l’altra metà, vedranno ridursi ulteriormente il fondo sperimentale di riequilibrio, già oggetto di ripetuti tagli. I Comuni dovranno pagare allo Stato l’Imu sulle case popolari di loro proprietà; la stessa cosa dovranno fare i vari Istituti case popolari presenti nei Comuni italiani. Si tratta di una norma profondamente ingiusta che toglie ulteriori risorse ai Comuni e mette in ulteriore grande difficoltà gli enti locali che hanno maggiormente investito sulle politiche per la casa. È questo il caso dei grandi Comuni che hanno un cospicuo patrimonio di edilizia residenziale pubblica.»