L’azienda, Atos, un colosso mondiale dei servizi informatici, ci pensava da tempo. L’ambizione di eliminare le email per le comunicazioni interne, era stata esplitimente dichiarata all’inizio dello scroso mese di febbraio 2011. Nel giro di tre anni saremo una società a zero email, aveva spiegato il Ceo, Thierry Breton. Detto, fatto, lo stesso top manager ha appena annunciato che d’ora in poi, gli 80mila impiegati che lavorano negli oltre 40 paesi in cui Atos è presente non comunicheranno più fra loro attraverso l’email. Al posto della cara vecchia posta elettronica, per le comunicazioni interne si userà un’apposita chat aziendale, a cui si potranno aggiungere social network, altre forme di instant messaging, micro blogging. Il motivo? Le email fanno perdere un sacco di tempo.
Attenzione: il cambiamento non riguarda indiscrinatamente tutte le mail, ma nello specifico l’utilizzo della posta elettronica per le comunicazioni interne. «Se qualcuno mi vuole parlare, può chiamarmi o mandarmi un messaggio via chat» dice chiaro e tondo il Ceo, Thierry Breton. Il quale, oltre ad essere il top manager esecutivo di un colosso informatico internazionale, è anche l’ex amministratore delegato di France Telecom nonchè ex ministro delle Finanze francesi.
Insomma, non un giovane che sta facendo carriera velocemente, ma un 56enne che ricopre da svariati anni posizioni di vertice di grande rilievo. La sua direttiva prevede che nell’arco dei prossimi 18 mesi le email per le comunicazioni interne saranno completamente sparite.
Il motivo, come detto, è la perdita di tempo che lo smistamento della posta elettronica comporta, anche in considerazione del fatto che le caselle sono piene di messaggi inutili. E comunque si tratta di un mezzo spesso dispersivo, per cui si ricevono in copia un sacco di documenti e comunicazioni in realtà non necessarie.
Breton ha fatto indagini precise all’interno del proprio gruppo: i manager spendono dalle 5 alle 20 ore a settimana per controllare e rispondere a mail aziendali. Gli impiegati ricevono circa 200 mail al giorno. Di queste, circa il 18% sono messaggi inutili, classificabili come spam.
Comunque, l’utilizzo di un’altra forma di comunicazione interna, come una chat, dovrebbe far risparmiare almeno il 20% del tempo utilizzato per smistare la posta elettronica.
Infine, argomenta Breton, le nuove generazioni, quelle dei nativi digitali, ovvero dei lavoratori dei prossimi anni, la mail la usano sempre meno. Fra gli adolescenti fra i 12 e i 17 anni l’uso della posta elettronica registra un calo del 31% l’anno e fra i giovani dai 18 ai 24 anni la flessione è del 21%.
Insomma, anche pensando la domani, secondo Breton è bene che le aziende inizino subito a «pensare in modo diverso».
Lui è il primo a “dare il buon esempio”: «Da molto tempo io non uso email aziendali, cinque-sei anni: in France Telecom perché non ero soddisfatto, al governo per motivi di sicurezza. Ho un indirizzo email esterno (fantastico da usare tra organizzazioni), ma internamente servono strumenti diversi».
L’annuncio di Atos sta provocando il dibattito sull’utilizzo delle mail in azienda nell’ambiente del business internazionale. Se ne stanno occupando organi di stampa di primo piano, dall’Indipendent alla Bbc a Forbes. E il dibattito si sta sviluppando anche in Italia.
Nel nostro paese, secondo ContactLab utilizziamo abitualmente circa 63 milioni di caselle. Significa poco più di un indirizzo a testa (neonati e anziani compresi), su cui si ricevono circa 700 milioni di messaggi.
Quanto alle abitudini in ufficio, nelle aziende italiane l’email sembra decisamente preferita rispetto ad esempio ai social network, che anzi spesso vengono considerati una perdita di tempo che distraggono i dipendenti.
Ma ci sono manager d’accordo con Breton: Marco Zampolini, direttore ricerca e sviluppo di NTT Data Italia, intervistato da La Stampa, ritiene che in azienda la mail sia spesso usata male: «Soprattutto quando si abusa del terribile CC, che è veramente il “campo del furbastro” in cui uno ti manda copie inutili per conoscenza, almeno può dirti “ma io ti avevo scritto!».
Anche Zamperini ritiene che le imprese debbano privilegiare strumenti più moderni, come i social media e le chat. E per quanto riguarda il rischio della “perdita di tempo” sottolinea: «Per esperienza quando si lascia ai dipendenti la possibilità di dialogare tra di loro, anche chattando o messaggiando, la gente è più felice e produce di più, è importante esattamente come lasciare le macchinette del caffè». Il dibattito è aperto.