Il prestito si “compra” al supermercato

di Massimiliano Santoro

28 Giugno 2012 15:30

Prende piede anche in Italia la tendenza di offrire i servizi bancari tramite la grade distribuzione; polemica tra Ue e Abi su prestiti e mutui.

In Francia e Regno Unito è una realtà consolidata mentre in Italia sta prendendo piede da poco. Stiamo parlando della tendenza di alcuni soggetti operanti nella grande distribuzione di offrire alla propria clientela servizi analoghi alle banche “tradizionali” tra cui anche quello di accedere a prestiti, mutui e finanziamenti e con orari di operatività prolungati.

A fare le pulci di questo fenomeno e’ stato repubblica.it  con un articolo a firma di Agnese Ananasso nel quale si spiega che il fenomeno è già diffuso nel nel Paese d’oltraple e d’oltremanica e che nella Penisola si registrano le esperienza di marchi di supermercati come Carrefour e Auchan, attraverso un accordo con Oney, Unicredit e Nectar, Coop.

E proprio sul tema della capacità delle famiglie italiane di far fronte alle rate di pagamento di mutui e prestiti c’è stato un botta e risposta tra Ue e ABI: la prima ha sostenuto che il 25% delle famiglie italiane non riesce a pagare il mutuo della casa mentre la seconda ha risposto a stretto giro di posta con un comunicato nella quale si evidenziava che “l’analisi della Commissione è palesemente errata rispetto alla realtà italiana: “Gli ultimi dati della Banca d’Italia riferiti al primo trimestre 2012 evidenziano che le nuove sofferenze in rapporto ai prestiti si attestano sull’1,2%, in diminuzione rispetto ai valori registrati nel 2011 e nel 2010″ si legge nel comunicato ABI. “La quota dei prestiti su cui sono state registrate temporanee difficoltà di rimborso si è attestata sul 2,3%”.

Infine, specificamente sui mutui l’Abi ha sottolineato che il rapporto “tra la rata e il reddito della famiglia è sempre stato fortemente equilibrato, come ricordato dalla Banca d’Italia il 31 maggio. Identico equilibrio è stato mantenuto nel rapporto tra la somma mutuata e il valore dell’immobile, circa il 65%. Queste due buone pratiche hanno evitato che potesse insorgere una bolla speculativa sulla proprietà immobiliare”.