L’assemblea straordinaria e ordinaria degli azionisti Eni, in data 16 luglio, ha deliberato l’annullamento di 371 milioni di azioni proprie in portafoglio (pari a circa il 9,3%), e il contemporaneo via libera al nuovo programma di buyback o riacquisto per un massimo di 6 miliardi di euro.
In conseguenza di questa operazione sale la partecipazione di Cassa Depositi e Presiti dal 26,37% al 29,06% e quella del Ministerodell’Economia e delle Finanze (MEF) dal 3,93% al 4,34%.
Dopo la cessione di Snam, l’obiettivo di Eni, ha spiegato l’amministratore delegato Paolo Scaroni, è quello di arrivare ad una situazione finanziaria più solida. “Tra deconsolidamento del debito e incasso porteremo a casa qualcosa come 17-18 miliardi di euro“. In buona sostanza si tratta di 3,51 miliardi concordati con la Cassa Depositi e Prestiti per il 30% meno un’azione, del deconsolidamento di 11 miliardi di debito e degli introiti derivanti dalla cessione della quota rimanente che Eni continuerà a detenere in Snam dopo la cessione alla Cdp.
Il risultato è un indebitamento della società ridotto adun livello più basso più in linea con i competitor. “Nel business petrolifero secondo il CEO Eni “serve uno stato patrimoniale fortissimo perchèquando andiamo a parlare con gli Stati e diciamo che investiremo10-15 miliardi loro guardano al nostro bilancio e verificano la nostra solidità. Quindi ci garantisce credibilità”.
Rispetto al buyback Scaroni chiarisce che il riacquisto di azioni proprie rappresenta “una prassi del settore oil. Tutte leaziende riacquistano azioni proprie. La logica è questa: tengo il dividendo più o meno fisso, costante, quando i prezzi del petrolio crescono e faccio extra profitti, invece di alzare il dividendo, che magari poi dovrei ribassare, riacquisto le azioni proprie”.