Tutto si è svolto nell’arco di un fine settimana: Silvio Berlusconi ha rassegnato le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che immediatamente – dopo una serie di consultazioni lampo – ha incaricato il neosenatore a vita Mario Monti di formare il nuovo governo.
E così il 68enne ex commissario europeo per il mercato interno ha accettato ribadendo di voler agire con rapidità ma anche con scrupolo, ascoltando tutte le forze politiche in campo per uscire dalla crisi economica in maniera rapida e indolore. Il primo passo da compiere sarà quello di scegliere la squadra che farà parte dell’Esecutivo per i prossimi mesi o – addirittura – fino alla scandenza naturale della legislatura fissata per il 2013.
In base alle prime parole del neo premier, si sa che i ministri che guideranno i dicasteri saranno tutti tecnici e nessun politico, come per voler traghettare il Paese verso le prossime elezioni in maniera il più neutrale possibile. Sicuramente le pressioni saranno molte anche sulla squadra dei sottosegretari. In ogni caso, Giorgio Napolitano ritiene che entro la fine della settimana gli sarà consegnata la lista coi nomi dei nuovi ministri che avranno come primo obiettivo quello di attuare il famoso programma imperniato sui 39 punti che il premier uscente Berlusconi aveva discusso con l’Unione europea e volti a risollevare i conti pubblici e, in generale, tutto il Paese alle prese con una crisi finanziaria internazionale molto forte.
Del resto il via libera del Pdl a Mario Monti era legato anche al fatto che il nuovo esecutivo seguisse ed eseguisse gli impegni presi a Bruxelles dalla precedente squadra di governo.
Semaforo verde, nonostante alcune divisioni della prima ora, anche da parte del Pd che si auspica che vengano prese le riforme necessarie al Paese che però non tocchino le pensioni e i contratti dei lavoratori, cosa che porterebbe a nuovi attriti da parte di alcune ali “intransigenti” della sinistra. Da parte del leader del Pd, Pierluigi Bersani, c’è il desiderio che Mario Monti e la sua squadra di governo lavori alle riforme e a una nuova legge elettorale.
Pronto a collaborare pienamente, invece, il cosiddetto terzo polo che, per bocca di Pierferdinando Casini, auspica che “il nuovo governo duri fino alla fine naturale della legislatura”.
Da parte della Lega di Umberto Bossi e dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro c’è invece il desiderio di tornare al più presto alle urne, a differenza invece di quanto pensa il presidente della Repubblica che suggerisce che prima siano risolte le questioni di cui si è detto.
L’incarico a Mario Monti di formare il nuovo governo trova soddisfatti anche i leader europei Herman van Rompuy e Josè Manuel Barroso, rispettivamente presidente Ue e presidente della Commissione europea che hanno dichiarato che “formare un governo di unità nazionale sia un segnale positivo dopo la rapida adozione della legge di stabilità 2012”.
Un appoggio al nuovo esecutivo è arrivato anche dal ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle, che ritiene che i 39 punti siano importanti non solo per la stablità dell’Italia ma anche dell’Europa.
Intanto, sembra ineluttabile attuare alcune misure che – probabilmente – non piaceranno agli italiani a iniziare dalla patrimoniale, una tassa che andrà a colpire i conti correnti o una che inciderà sui patrimoni superiori a un minimo da stabilire che, secondo indiscrezioni, potrebbe aggirarsi sul milione e mezzo di Euro sommando immobili, investimenti e risparmi. A seguire, ecco invece il ritorno dell’Ici sulla prima casa, con un’imposta aumentata in base a un nuovo calcolo dei valori catastali tramite cui l’Ici è calcolata.
Entro fine gennaio, comunque, la Bce ha chiesto di ricevere precise informazioni su come sarà strutturata la riforma fiscale del governo italiano. Intanto ritorna d’attualità la riforma pensionistica, come la Ue chiede all’Italia da diverso tempo, con innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni. Monti potrebbe anche intervenire sull’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che attualmente prevede una sostanziale impossibilità di licenziare personale nelle aziende con più di 15 dipendenti.