Per adeguarsi a pensioni “totalmente contributive”, il governo si appresta a mettere in campo nuove proposte di riforma nel mercato del lavoro e nel sistema degli ammortizzatori sociali, previo confronto con partiti e sindacati.
Nell’affrontare la questione più complessa del nuovo esecutivo, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sembra favorire il modello “graduale” rispetto al “contratto unico o prevalente” che eliminerebbe, di fatto, tutte le tipologie conglobate nella riforma Treu (1999) e la legge Biagi (2003); un “contratto graduale“, utile, soprattutto, nel prolungamento della vita lavorativa e nelle eventuali uscite flessibili per il pensionamento.
Come comporlo non è tema di oggi ma delle prossime settimane, al momento vige il più stretto riserbo da parte del ministro e del suo staff. Restano, però, le indicazioni concesse dal presidente del Consiglio, Mario Monti, durante la conferenza stampa di fine anno. Obiettivo primario: quello di superare in modo virtuoso la contrapposizione che, ad oggi, blocca il mercato del lavoro, con tutele piene e riconosciute per una consistente fetta del paese e l’incalzante precarietà dei giovani – insieme a soggetti più disparati – fortemente penalizzati; indispensabile, per Monti, il confronto con sindacati e parti sociali, pervenendo a due conclusioni, analisi dell’assetto attuale e proposte d’intervento.
Ciò che appare chiaro è il contesto in cui si ascrivono le nuove regole. Nel conteggio ai fini delle pensioni non è più decisivo il peso dell’ultima busta paga, come succedeva nel modello retributivo, ma si cerca un alterego contrattuale, legato all’intero “ciclo vitale” del lavoratore. Un contratto che può, verosimilmente, prevedere una gradualità nei tempi e nelle funzioni per soggetti più anziani o per chi è sottoposto ai cosiddetti “lavori usuranti“, accettando una retribuzione più bassa e incassando parte dell’assegno previdenziale. Tipologie con questi requisiti sono presenti in molti paesi europei.
Mansioni diverse negli ultimi anni di lavoro, potrebbero favorire anche l’ipotesi di un “tutoraggio per apprendisti”, suggerito dall’ex ministro, Sacconi. Ma un dato imprescindibile si profila all’attenzione generale: il lavoro a donne e giovani, categorie con i più bassi tassi d’occupazione in Europa. In questo caso, tornerebbe utile quella forma di “detassazione”, già in parte sperimentata. Altro dato cruciale per i tecnici del ministero è legato ai nuovi ammortizzatori sociali, finanziati dalla riforma previdenziale (circa 20 miliardi a regime), sostenuti da percorsi di formazione e ricollocamento.