La notizia arriva come l’ennesima doccia gelata: la Grecia uscirà dall’Eurozona, se non si attiva, in tempi brevi, un secondo recupero tramite i 130 miliardi promessi da Ue, Fondo Monetario Internazionale e creditori privati.
Non ammette deroghe, la dichiarazione di Pantelis Kapsis, portavoce del governo, a Sky Tv (diramata anche dalla BBC online), sull’accordo di salvataggio previsto a gennaio: “Deve essere firmato altrimenti saremo fuori dai mercati, fuori dall’Euro…”. Un contributo che, però, era stato subordinato dai leader europei a un’attuazione aggiuntiva di misure, per ridurre il deficit e rilanciare l’economia.
Attesi ad Atene gli ispettori di Ue, Fmi e Bce, per definire i particolari in merito al secondo pacchetto di salvataggio; l’accordo sarà prevalente per autorità e settore privato sul taglio dei bond greci e, in conformità a questo, si valuteranno i presupposti con la troika e l’Eurogruppo.
A smentire le voci, secondo cui si preparerebbe, invece, un piano di ristrutturazione del debito greco e una sorta di default guidato, com’era stato per l’Argentina nel 2002, la Commissione Ue, attraverso il suo rappresentante, Oliver Bailly, assicura che non c’è alcun programma in atto per avere uno stato membro fuori dall’Eurozona nel corso del 2012, che, anzi, le discussioni sul piano di salvataggio della Grecia, riprenderanno entro gennaio: “Sperando di concludere il prima possibile”.
Eppure, secondo l’ultimo report del colosso bancario elvetico UBS, la Grecia rinegozierà il suo debito nel 2012. In seguito alla dichiarazione d’insolvenza, per l’Eurozona si prevedono perdite per almeno 155 miliardi di euro, senza contare l’effetto domino sui mercati e sulla stabilità degli altri Paesi; una comunicazione non certo ufficiale, ma già apparsa su molti periodici finanziari e mai smentita. Non solo, le procedure per la ristrutturazione sarebbero già iniziate, con calcoli e valutazioni da parte dell’UBS sul peso della rinegoziazione per banche (tre più a rischio: Commerzbank, Dexia e Postbank) e l’intera Eurozona.
Nel sistema finanziario europeo i conti in perdita stimati dall’UBS sarebbero così ripartiti: 20 miliardi a carico delle banche, 15 per le compagnie assicurative, 120 divisi fra fondi hedge, pensione e investimento. Inoltre, ammonterebbero a 50 miliardi le cosiddette “garanzie collaterali”, cioè titoli di stato in deposito alla Bce; un “taglio”per questi ultimi, instraderebbe la Banca Centrale Europea, a nuove difficoltà.
In toto, l’esposizione globale al presunto crac di Atene, ammonterebbe a 277,9 miliardi di euro. Per la Banca dei regolamenti internazionali (BRI) non sarà l’Italia a correre il maggior rischio, con i suoi 6,5 miliardi d’esposizione ma paesi come Francia e Germania. Sul primo pesano 92 miliardi di euro, 69,4 sul secondo.
Nessun effetto “sorpresa” sul fallimento della Grecia (come nel caso Lehman Brothers nel 2008), le aspettative, secondo l’UBS, sono state chiare dall’inizio, con il primo prestito di 110 miliardi, giudicato insufficiente per l’ammontare del debito greco. Questo succedeva nel maggio 2010. Entro il 16 gennaio 2012, arriveranno gli ispettori dell’Ue, Fmi e Bce a chiarire la reale situazione.