Segreto bancario sì o segreto bancario no? La disputa fra Svizzera, Stati Uniti e alcuni Paesi europei si sta facendo più calda e torna di attualità e si trasforma in una sorta di guerra economico-finanziaria che vede la confederazione al centro di una lotta per l’indebilimento di due dei suoi maggiori istituti di credito: Ubs e Credit Suisse.
L’allarme lo lancia il ticinese Sergio Ermotti, presidente del colosso bancario elvetico Ubs, che fa proprio del segreto da parte della sua struttura – che garantisce ai propri clienti la massima riservatezza, mettendola al riparo dalle polizie di mezzo mondo – uno dei suoi punti di forza, capace di attrarre capitali da tutto il mondo che accorrono anche per la bassa tassazione sui depositi.
In particolare, secondo Ermotti in seguito ai recenti accordi di doppia imposizione tra la Germania e la Svizzera, il 20-25% dei capitali potrebbe lasciare il nostro paese.
“La Svizzera è sotto attacco almeno dal 2008, al punto che ci troviamo nel bel mezzo di una guerra economica che punta a indebolire il Paese come centro finanziario internazionale” ha detto con una certa preoccupazione. “Non solo i politici esteri, ma anche i nostri concorrenti hanno interesse ad attaccarci visto vorrebbero portarci via una quota dei quasi 2mila miliardi di euro in capitali stranieri che i maggiori istituti hanno”. Questo, secondo il 52enne manager svizzero, porterebbe a un taglio dei costi da parte dell’azienda, che costerebbe circa 20mila posti di lavoro.
Secondo il presidente Ubs, “la Svizzera ha già dovuto fare troppe concessioni e la cosa ha rappresentato un errore, visto che sono state fatte troppo velocemente mentre tutto sarebbe dovuto accadere molto più lentamente: non si può cambiare in un anno quello che si è formato, sviluppato e attestato in 60 anni”.
Colpa della politica, dunque? Secondo il manager sì, visto che il governo federale starebbe tenendo sempre più distanti i grandi istituti di credito elvetici, che vedrebbero delle forti limitazioni al segreto bancario al punto che diversi clienti starebbero valutando di diversificare le loro attività verso altri centri finanziari come Singapore, Londra o Miami.
Sulla questione è intervenuta anche l’Associazione delle banche estere in Svizzera, che ritiene che all’interno del settore bancario elvetico si stiano verificando cambiamenti che richiedono di puntare sulla competitività: secondo il presidente Alfredo Gysi, “i beni tassati sono mobili: se le condizioni non sono più che favorevoli inevitabilmente i capitali se ne andranno dalla Svizzera. Occorre pertanto garantire gli stessi valori di un tempo, a iniziare da affidabilità e sicurezza”.