Ancora l’Italia protagonista delle attività di valutazione del rating di Moody’s. Infatti, pochissimi giorni dopo la decisione di declassare il rating sui titoli di Stato italiani da A3 a Baa2 ovvero due livelli sotto quello precedente con un outlook di permanenza negativo, ecco che la scure dell’agenzia newyorkese si abbatte su banche, società pubbliche ed Enti locali nazionali.
E’ la diretta conseguenza, una sorta di “effetto domino”, delle decisioni prese in precedenza. Più nello specifico è stato deciso il declassamento, da uno a due livelli, del debito a lungo termine e delle valutazioni di deposito per 10 banche italiane e del cosiddetto “issuer ratings” per 3 istituzioni finanziarie a causa di un indebolimento del profilo di credito del Governo italiano.
Moody’s spiega che il declassamento consequenziale è dovuto al fatto che c’è un rischio che il governo “potrebbe non essere in grado di fornire un sostegno finanziario alle banche in difficoltà finanziarie”. Sono state quindi declassate: Unicredit, Unicredit Leasing, Intesa Sanpaolo, Banca Cr Firenze, Banca Imi, Banca Monte Parma, Cassa Risparmio Parma e Piacenza, Banca Popolare FriulAdria, Banca Carige, Credito Emiliano, GE Capital, Cassa Depositi e Prestiti e Ismea.
Declassamento anche per il rating di 7 società pubbliche italiane – Poste Italiane, Eni, Terna, Sias, Acea, Compagnia Valdostana delle acque e Atlantia – mentre 3 sono state poste sotto osservazione (Finameccanica, Snam e Hera).
Infine, declassamento per 23 Enti locali italiani tra Regioni, Province e Comuni tra cui le Regioni Lombardia, Lazio, Sicilia, Piemonte, Veneto, Puglia, Calabria, Campania, Liguria, Umbria, Sardegna, Abruzzo, Molise, Basilicata, e quattro importanti città capoluogo di Provincia come Milano, Napoli, Venezia e Siena.