Il business angel è una persona fisica che vuole investire una parte del suo patrimonio disponibile in un’impresa, allo scopo di apportare una parte del finanziamento e di rendere disponibile la sua esperienza manageriale e la sua rete di conoscenze. Il business angel può, quindi, essere considerato come un socio attivo della società. Il suo obiettivo è quello di aiutare l’impresa a svilupparsi.
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Parla Gian Andrea Fanella, 30 anni, uno dei soci fondatori di Art Media Design, una società basata a Londra che assiste le startup sul piano organizzativo e finanziario, spiegando:
«Se siamo convinti che da tutti può nascere innovazione, perché non dare una chance a tutti? Ci siamo strutturati per dare una possibilità d’aiuto. Per capire dov’è il valore, cosa va bene e cosa no».
I business angel vengono anche chiamati gli “angeli degli affari”, puntano tutto su progetti innovativi e su chi li porta avanti come conferma Tomaso Marzotto Caotorta, dirigente d’azienda di lungo corso e vicepresidente dell’Iban (Italian business angels network).
«Ci vogliono persone preparate, capaci di coinvolgere altre competenze. L’anello mancante nella filiera del capitale di rischio» continua spiegando il rapporto che si crea con le startup «Il rapporto che stabiliamo con le startup è basato sulla fiducia. L’angel investe soldi suoi, ma non soffre per i rendimenti attesi, a differenza dei fondi. L’angel entra in gioco se vede una possibilità d’uscita».
Molto importante in questo percorso è la qualità delle startup su 2mila progetti vagliati l’anno scorso in Italia, secondo un’indagine dell’Iban, si è investito soltanto su 94 imprese (il 18% del totale), per oltre 33 milioni di euro. Come spiega Marco Villa, vicepresidente di Italian Angel for Growth:
«Il 20-30% produce un ritorno minimo o comunque molto limitato e solo il 10-20% delle startup produce ritorni almeno dieci volte il capitale investito».
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Il rapporto tra startup e business angel inizia con una fase di esplorazione, succesivamente l’imprenditore beneficia della fiducia dell’investitore avviando i primi passi dello sviluppo societario. In questo ambito il business angel da una parte offre indicazioni manageriali, dall’altra introducende l’imprenditore nella sua rete di relazioni commerciali, che possono agevolare la firma dei primi contratti importanti. Oltre al sostegno economico quindi gli angel investor rappresentano una guida nella formazione della competenza di gestione e un catalizzatore dello sviluppo di nuovo business.
Negli Stati Uniti il numero di business angel ammontava a 258 mila unità nel 2013 e le dimensioni di investimento pro capite sono andate da 10 a 100 mila dollari. Sempre nel corso del 2013, la somma complessiva del loro contributo è salito a 20 miliardi di dollari, distribuiti su circa 60 mila aziende. Lo sforzo coperto da questa categoria di finanziatori è la vera linfa vitale dell’innovazione americana, se si considera che questo flusso di capitale equivale a tre volte quello versato dai Fondi di investimento «Early Stage», e a una volta e mezzo quello erogato dai fondi di «Late Stage».
Lo sviluppo successivo all’aiuto del business angels può essere di vario tipo:
- il 2,5% delle startup accede alla prima fase di investimento da parte di Venture Capital;
- chiude o a fallisce;
- altre riescono a sopravvivere, generando redditi pur di modeste dimensioni;
- altre vengono acquisite non per il valore del prodotto o del servizio, ma per l’inglobamento dell’esperienza del personale assunto.