Imprese familiari, cambiare CEO è un trauma

di Noemi Ricci

25 Agosto 2011 12:00

Nelle imprese familiari quando cambia il CEO l'impatto sulle performance aziendali è fortemente negativo e viene avvertito per circa un triennio.

Nelle aziende familiari i cambiamenti organizzativi risultano molto più traumatici che in altre tipologie di imprese. A confermare le difficoltà incontrate da questo tipo di realtà ad esempio quando cambia il CEO è arrivato uno del CEO Succession, Organizational Context and Performance: “A Socio-Emotional Wealth Perspective on Family Controlled Firms”.

Nel working paper viene evidenziato come, di fronte ad un cambiamento dell’assetto manageriale e di governance, le aziende familiari vadano incontro ad un periodo particolarmente difficile che dura in media circa tre anni.

In questo intervallo di tempo, di “assestamento”, l’azienda subisce una vera e propria crisi con conseguenti peggioramenti sensibili della redditività. Un calo delle performance tanto più evidente quanto più è numerosa la presenza di familiari nel consiglio di amministrazione.

Lo studio evidenzia come una tipica difficoltà del family business risieda nel riuscire ad individuare il giusto successore, un sostituto con le stesse capacità e competenze del CEO uscente, soprattutto quando si punta a selezionare per questo ruolo un membro della famiglia stessa.

Tra i valori distintivi del proprio brand, infatti, le aziende familiari puntano tipicamente sul senso di appartenenza dei componenti dell’impresa stessa, avere un componente della famiglia ai vertici significa potere esercitare una forte influenza sulle decisioni aziendali, oltre a promuovere il passaggio generazionale della leadership aziendale all’interno della stessa “dinastia”.

Questo però significa anche far entrare all’interno dei meccanismi tipici del management fattori non strettamente legati alla razionalità e all’impatto economico quanto piuttosto al patrimonio sociale ed emotivo della famiglia.

Così spesso si è osservato una prevalenza di aspetti positivi nel caso in cui il leader entrante provenga dall’esterno e quindi non appartenga alla famiglia di controllo. La motivazione risiede nella sua probabile capacità di puntare ad obiettivi finanziari non strettamente correlati all’esigenza di preservare i valori della famiglia.