Ambush Marketing: quando la slealtà fa salire le vendite

di Alessia Valentini

15 Settembre 2010 09:00

«In guerra e in amore tutto è permesso...», ma anche nel Marketing!?

Fin dagli anni ’80, in ambito Marketing si non è raro utilizzate tecniche Ambush (d’imboscata o agguato) per farsi pubblicità a spese di altri: non si ha la certezza del successo, certo, ma di certo si spende meno!

Ambush Marketing è un termine coniato negli USA da Jerry Welsh, direttore marketing dell’American Express, per indicare l’associazione non autorizzata di un brand o marchio con un evento di grande rilevanza mediatica.

In un evento sportivo, ad esempio, accanto agli sponsor ufficiali che pagano per garantirsi la pubblicità preferenziale, può accadere che altri concorrenti sfruttino il medesimo evento – aggirando la normativa vigente – generando un’associazione del proprio nome a quello dell’avvenimento in questione.

Un esempio? Ai mondiali di calcio in Sudafrica, lo sponsor ufficiale Adidas è stato riconosciuto come tale solo dal 15% degli utenti coinvolti da un sondaggio MEC, mentre ben il 17% associava i mondiali al marchio Nike, che invece non era sponsor ufficiale. Anche uno studio Nielsen condotto un mese prima dei mondiali indicava un traffico web in favore di Nike per un 30,2% contro il 14,4% dell’Adidas.

Il tutto, si deve alla famosissima campagna pubblicitaria Write the future realizzata dall’agenzia pubblicitaria W+K di Amsterdam: protagonisti, i più noti calciatori impegnati sul campo sotto i riflettori di tutto il mondo..! Nike ha anche sfruttato un grattacielo di Johannesburg per mandare in onda un mega video (occupava 30 piani) con i messaggi dei fan inviati tramite social network (Twitter, Facebook etc.): l’iniziativa “Write the headline” ha avuto un successo planetario e virale.

Tecniche

Ovviamente non esiste un decalogo autorizzato di regole ambush ma, come si può capire dall’impostazione della campagna Nike, le strategie devono tendere a favorire l’associazione implicita del brand con l’evento. Ovviamente non può essere fatto in modo diretto perché si rischia una denuncia per marketing sleale, come accaduto alle 36 tifose olandesi a causa delle bluse arancioni indossate ai Mondiali 2010 sponsorizzate da una marca di birra concorrente dello sponsor ufficiale della Federcalcio Internazionale.

Quel che solitamente avviene nell’implementazione di una campagna di Ambush Marketing è l’utilizzo di messaggi subliminali, gadget, pubblicità e azioni promozionali in prossimità dei luoghi dell’evento o durante l’evento stesso. Oppure, come nell’esempio Nike, si deve sfruttare il concetto dell ‘ evento stesso.

Si parla in questo caso di etica pubblicitaria dubbia e di evidente comportamento scorretto, ma in fin dei conti gli unici giudici sono i consumatori, e i fatti hanno dimostrato che oggigiorno sono più attenti all ‘ etica ambientale e alla correttezza etica sociale piuttosto che alla concorrenza sleale. Anzi è probabile che possano favorire l ‘ attore di mercato sleale, che grazie al risparmio della campagna di marketing favorisce il pubblico abbassando i prezzi dei propri prodotti!

Normativa in Italia

È importante sapere quali sono i rischi a livello giuridico. La tutela in ambito normativo riguarda leggi specifiche poste in essere specificamente contro il marketing parassita.

In Italia un esempio di intervento normativo esplicito è la legge n.167/2005, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale in occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino. Nel testo, che vuole tutelare il simbolo olimpico, si legge nell’art.2 al secondo paragrafo «è vietato pubblicizzare, detenere per farne commercio, porre in vendita, o mettere altrimenti in circolazione prodotti o servizi utilizzando segni distintivi di qualsiasi genere atti ad indurre in inganno il consumatore sull’esistenza di una licenza, autorizzazione o altra forma di associazione tra il prodotto o il servizio e il CIO o i Giochi olimpici».

Ancora nel paragrafo 3: «È vietato intraprendere attività di commercializzazione parassita (“ambush marketing”), intese quali attività parallele a quelle esercitate da enti economici o non economici, autorizzate dai soggetti organizzatori dell’evento sportivo, al fine di ricavarne un profitto economico». Elemento di contrasto, sanzioni da 1.000 a 10.000 euro e su una ulteriore dicitura esplicativa contenuta nell’art 3, terzo paragrafo, che specifica i rischi di denuncia per chi si “macchia” di ambush marketing.

Approfondimenti

Un interessante white paper dal titolo “Ambush marketing: una ricerca interdisciplinare sulle tutele”, è stato pubblicato nel 2009 dalla rivista di diritto ed economia dello sport, ad opera di V.Forti, A.G.Silveri, J.F.Diaz e F. Mezzanotte; il testo spiega i confini normativi in ambito di diritto pubblico, privato, economico, penale ed europeo e tratta estensivamente la proprietà industriale, intellettuale, la tutela dei marchi, il reato di posizione dominante citando ovviamente tutti i rischi e le sanzioni penali e amministrative.