Congedo parentale a ore: sì ai contratti di II livello

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 25 Luglio 2013
Aggiornato 29 Luglio 2013 18:00

Il Ministero del Lavoro concede il via libera ad accordi per il congedo parentale su base oraria disciplinati dai contratti di secondo livello: possono stabilire le modalità di fruizione anche solo quelli di settore.

Via libera al congedo parentale su base oraria da parte del Ministero del Lavoro, in risposta all’interpello n. 25/2013 avanzato da CGIL, CISL e UIL.Il pronunciamento concede alla contrattazione collettiva di 2° livello di disciplinare le modalità di fruizione del congedo a ore previsto dall’art. 1, comma 339, L. n. 228/2012 (Legge di Stabilità 2013). => Leggi: Congedo Parentale, disciplina e novità Il Ministero ha chiarito che «non vi sono motivi ostativi ad una interpretazione in virtù della quale i contratti collettivi abilitati a disciplinare “le modalità di fruizione del congedo parentale di cui al comma 1 [dell’art. 32, D.Lgs. 151/2001] su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa” possano essere anche i contratti collettivi di secondo livello».Il congedo su base oraria permette di fruire dei congedi – diversi dal congedo di maternità o paternità obbligatori – che un genitore lavoratore può richiedere : la differenza è che frazionandoli in ore invece che in giorni a tempo pieno rendono più elastiche queste brevi interruzioni di lavoro volte a conciliare lavoro e famiglia. Il dubbio nasceva dalla mancata definizione delle procedure operative, che si interpretava fossero rinviate esclusivamente ai contratti collettivi nazionali, con accordi firmati da sindacati e imprese, per ogni singola categoria lavorativa. =>Leggi i dubbi applicativi sul congedo a ore

Invece, il Ministero ha chiarito che il D.Lgs. n. 151/2001, all’art. 32, co. 1-bis (come inserito dall’art. 1, co. 339, lett. a), L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013), fa riferimento semplicemente ad una contrattazione “di settore”, senza richiedere esplicitamente il livello “nazionale” della contrattazione, come avviene in altre discipline che regolamentano il rapporto di lavoro (ad esempio il D.Lgs. n. 66/2003, in materia di organizzazione dell’orario di lavoro). Spiega il Ministero: «nello stesso D.Lgs. n. 151/2001, il “settore” è, peraltro, in più occasioni utilizzato, da un lato, per distinguere l’applicabilità degli istituti relativi ai riposi, permessi e congedi per ciò che attiene al settore pubblico e privato; dall’altro per individuare l’ambito di appartenenza dell’impresa ad un determinato “settore produttivo”: si pensi, a titolo esemplificativo, all’art. 78, comma 2 (pubblici servizi di trasporto e settore elettrico), all’art. 79, comma 1, lett. a) (settore dell’industria, del credito, delle assicurazioni, dell’artigianato, marittimi, spettacolo). Per maggiori informazioni consulta l’interpello del Ministero del Lavoro