La tassazione sulle rendite finanziarie (interessi e dividendi) al 26% è prevista dal Dl 66/2014 (articoli 3 e 4) e riguarda tutti i redditi da capitale, dalle cedole delle azioni agli interessi sui conti correnti (tassati per cassa e al lordo delle spese) e i redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze e minusvalenze derivanti da transazioni su azioni, titoli rappresentativi di capitale d’impresa e altri prodotti).
Sono invece esclusi dalla tassazione ordinaria alcune tipologie di rendite, come ad esempio quelle sui titoli di Stato su cui continua ad applicarsi l’aliquota agevolata del 12,5%.
Vediamo in dettaglio come si configura l’attuale tassazione e quali tipologie di rendite riguarda.
- Rendite finanziarie: quali sono tassate al 26%
- Quali rendite godono di tassazione agevolata
- Come si calcolano le tasse sui Titoli di Stato
- Quali sono i tre regimi di tassazione delle rendite finanziarie?
- Come si pagano le tasse sui titoli di stato
- Tasse sui titoli di stato per società di capitali e persone giuridiche
Rendite finanziarie: quali sono tassate al 26%
I redditi a cui si applica l’aliquota ordinaria del 26% sono quelli compresi nell’articolo 44 del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) e parte di quelli previsti dall’articolo 67, dunque tutti i redditi da capitale e alcuni redditi diversi di natura finanziaria, ovvero:
- interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti;
- interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, dei certificati di massa;
- rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile;
- compensi per prestazioni di fideiussione o di altra garanzia;
- utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società;
- utili derivanti da associazioni in partecipazione;
- proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti;
- proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute;
- proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito;
- redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione;
- redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche complementari e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale;
- redditi imputati al beneficiario di trust;
- interessi e altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi quelli attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto;
- plusvalenze da cessione onerosa di azioni o di ogni altra partecipazione al capitale, a meno che non si tratti di partecipazioni qualificate;
- plusvalenze realizzate da cessione di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempre che siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo;
- tutti gli altri eventuali redditi realizzati mediante rapporti da cui deriva l’esercizio di opzioni finanziarie;
- tutte le altre plusvalenze realizzate da cessioni di redditi di capitale.
C’è poi il nuovo capitolo delle criptovalute, con le ultime novità fiscali stabilite con la Manovra 2023, in modo particolare per plusvalenze e altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività.
Ai fini fiscali rientrano adesso nell’ambito delle attività finanziarie con tassazione al 26% ma solo se nel periodo d’imposta raggiungono complessivamente almeno 2mila euro.
Quali rendite godono di tassazione agevolata
La tassazione agevolata riguarda principalmente:
- titoli di Stato, BOT e risparmio postale, interessi di project bond (12,5%);
- PIR (esentasse se mantenuti per 5 anni);
- partecipazione qualificata detenuta da un titolare di reddito di impresa;
- partecipazione a OICR superiori al 5% (imponibile IRPEF).
Regole specifiche per i fondi pensione, con tassazione variabile in base alle diverse fattispecie. Ad esempio, un fondo pensione aperto prevede rendimenti tassati al 20% ma l’aliquota può essere anche inferiore se il fondo investe in titoli di stato (essendo tassati al 12,5%). Analoga tassazione per il fondo pensione chiuso, con tassazione ordinaria della rendita al 20%.
In generale, i rendimenti della previdenza integrativa sono tassati con un’aliquota che varia tra il 12,5% e il 20% a seconda del tipo di titoli in cui investe il fondo.
Come si calcolano le tasse sui Titoli di Stato
I titoli di stato, o titoli di debito pubblico, sono strumenti finanziari emessi dal governo italiano per finanziare il proprio debito. Sono considerati un investimento sicuro poiché il capitale investito è garantito dallo Stato italiano.
Tra questi strumenti vi sono i Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), i Buoni del Tesoro Poliennali (BTP), i Certificati di Credito del Tesoro (CCT) e i Certificati del Tesoro Zero coupon (CTZ). I titoli di stato possono essere acquistati – rivolgendosi alla propria banca o a un intermediario finanziario autorizzato – sia in asta, al momento dell’emissione, sia sul mercato secondario dove vengono regolarmente scambiati.
Come abbiamo visto, la tassazione sui titoli di stato è calcolata in modo diverso rispetto ad altri strumenti finanziari. Quella applicata è una imposta sostitutiva del 12,5%, che si applica sia sulle plusvalenze che sulle cedole.
Per i Buoni Ordinari del Tesoro e per i Certificati del Tesoro Zero Coupon, che non includono interessi, si paga solo il guadagno di capitale: gli interessi sono calcolati come la differenza positiva tra il prezzo di acquisto e il valore di rimborso del titolo. Su questo importo si applica l’imposta sostitutiva con aliquota del 12,50%.
Esempio di calcolo della plusvalenza
La plusvalenza è la differenza tra il prezzo di vendita del titolo e il prezzo di acquisto. Per calcolare quante tasse si pagano sui titoli di stato, si applica l’aliquota del 12,5% alla plusvalenza:
- Tassa = Plusvalenza * 12,5%
Ad esempio, avendo acquistato un BTP a 1.000 euro, poi venduto a 1.200 euro, si ottiene una plusvalenza (o capital gain) di 200 euro. La tassa da pagare sarà:
- Tassa = 200 euro * 12,5% = 25 euro
Esempio di calcolo della tassa sulle cedole
Le cedole sono gli interessi periodici che il titolo di stato paga al possessore. L’imposta sostitutiva del 12,5% si applica direttamente all’ammontare della cedola:
- Tassa = Cedola * 12,5%
Ad esempio, se un BTP paga una cedola annuale di 50 euro, la tassa da pagare sarà:
- Tassa = 50 euro * 12,5% = 6,25 euro
Titoli di Stato esteri
Se i titoli di stato sono emessi da un paese non presente nella “white list” (lista di paesi con cui l’Italia ha accordi di scambio di informazioni), la tassazione è del 26%. In caso di titoli di stato di Paesi che fanno parte della white list, la tassazione è la stessa prevista per i titoli di stato italiani (12,5%).
Quali sono i tre regimi di tassazione delle rendite finanziarie?
In Italia, le tasse sulle rendite finanziarie si pagano in base a tre diversi regimi: dichiarativo, del risparmio amministrato o gestito.
La differenza sostanziale risiede nelle responsabilità dell’investitore o del gestore, nel calcolo del reddito imponibile, nel momento in cui viene applicata la tassazione (al momento della maturazione o realizzazione), nel trattamento fiscale dei profitti e delle perdite, con particolare attenzione alla possibilità di compensarle.
Regime dichiarativo
Il regime dichiarativo è una scelta fatta da una minoranza di risparmiatori e prevede che l’investitore debba dichiarare tutti i redditi diversi di natura finanziaria che ha ottenuto nell’anno precedente nella propria dichiarazione dei redditi. Quelli derivanti dai titoli di stato son gli interessi e il capital gain. Gli interessi dei titoli di stato sono tassati con un’aliquota del 12,50% e l’imposta è prelevata a monte, direttamente sul valore lordo degli interessi.
Il capital gain, ovvero la differenza positiva tra il prezzo di vendita e quello di acquisto di un titolo di stato, è tassato con un’aliquota del 12,50% e l’imposta è applicata successivamente, ovvero sulla plusvalenza ottenuta dalla vendita.
Regime del risparmio amministrato
Nel regime del risparmio amministrato, l’intermediario finanziario (banca, SIM, ecc.) si occupa di trattenere l’imposta sostitutiva del 12,5% direttamente all’origine, sia sulle cedole che sulle plusvalenze. In questo modo, l’investitore non deve fare nulla (neanche inserire i redditi da titoli di stato nella propria dichiarazione dei redditi).
Regime del risparmio gestito
Nel regime del risparmio gestito, l’imposta sostitutiva del 12,5% viene applicata al rendimento complessivo del prodotto finanziario (comprensivo di cedole e plusvalenze), a prescindere dalla natura dei redditi che lo compongono. Questo regime si applica a prodotti come i fondi comuni di investimento, le gestioni patrimoniali e le SICAV. Anche in questo caso l’investitore non deve effettuare alcun adempimento.
Titoli di stato detenuti all’interno di polizze vita
Oltre ai tre regimi citati, i titoli di stato possono essere detenuti all’interno di polizze vita, in questo caso la tassazione sulla plusvalenza viene differita fino al momento del riscatto della polizza e l’imposta viene pagata solo sulla differenza tra il valore liquidato e i premi pagati dal cliente. Nel caso in cui si proceda al riscatto del valore della polizza, l’imposta sul guadagno di capitale è dovuta soltanto sulla differenza tra il valore liquidato e i premi versati dal cliente.
Questo regime offre anche la possibilità di non far scadere mai le minusvalenze, a differenza di altri regimi di tassazione (in cui si ha la scadenza dei 4 anni per recuperarle).
Vantaggi e svantaggi dei diversi regimi
Regime del risparmio amministrato:
- Vantaggi: semplicità e comodità, in quanto l’intermediario si occupa di tutto.
- Svantaggi: non è possibile dedurre le eventuali minusvalenze.
Regime del risparmio gestito:
- Vantaggi: tassazione unitaria del rendimento complessivo, semplicità e comodità.
- Svantaggi: non è possibile dedurre le eventuali minusvalenze.
Regime dichiarativo:
- Vantaggi: possibilità di dedurre le minusvalenze e di compensarle con altri redditi.
- Svantaggi: maggior complessità, in quanto l’investitore deve calcolare autonomamente l’imposta da pagare.
Titoli di stato detenuti all’interno di polizze vita:
- Vantaggio: le plusvalenze (capital gain) non vengono tassate annualmente, ma solo al momento del riscatto della polizza. Nessuna scadenza delle minusvalenze.
- Svantaggio: le polizze vita hanno un vincolo temporale minimo di 5 anni e hanno dei costi di gestione che potrebbero erodere il rendimento del investimento.
In generale, il regime del risparmio amministrato è consigliato per la maggior parte degli investitori, in quanto è più semplice e comodo. Il regime del risparmio gestito può essere conveniente per chi investe in prodotti finanziari complessi. Il regime dichiarativo può essere conveniente solo per chi ha minusvalenze da dedurre o per chi ha un’aliquota IRPEF inferiore al 12,5%.
Come scegliere il regime
La scelta del regime è facoltativa e può essere effettuata in qualsiasi momento. Per optare per il regime del risparmio amministrato o del risparmio gestito, è necessario comunicarlo all’intermediario finanziario.
Come si pagano le tasse sui titoli di stato
A seconda del regime fiscale scelto, le tasse sui titoli di stato si pagano in modi diversi:
- in caso di regime amministrato, l’intermediario finanziario si occupa di trattenere l’imposta sostitutiva del 12,5% direttamente all’origine, sia sulle cedole che sulle plusvalenze;
- regime del risparmio gestito: l’imposta sostitutiva del 12,5% viene applicata al rendimento complessivo del prodotto finanziario;
- in caso di regime dichiarativo, l’imposta va versata con il modello F24 in sede di dichiarazione dei redditi.
Tasse sui titoli di stato per società di capitali e persone giuridiche
Quanto detto circa la tassazione agevolata sulle plusvalenze e sugli interessi maturati dai titoli di stato riguarda esclusivamente gli investitori privati (persone fisiche).
I contribuenti titolari di reddito di impresa sono tassati con un’aliquota IRPEF basata sul reddito complessivo dell’attività commerciale, includendo gli interessi sui titoli di stato. Per le persone giuridiche, le società di capitali e altri enti pubblici e privati diversi dalle società, gli interessi sui titoli di Stato contribuiscono al profitto societario, tassato con l’aliquota IRES del 24%. Tuttavia, in casi specifici, possono essere previste alcune riduzioni dell’aliquota IRES, ad esempio per le nuove attività imprenditoriali.