Jobs Act: passa alla Camera la Riforma Lavoro 2015

di Barbara Weisz

Pubblicato 25 Novembre 2014
Aggiornato 2 Dicembre 2014 15:53

Jobs Act approvato alla Camera in seconda lettura: ecco cosa cambia per ammortizzatori, licenziamenti, articolo 18 e nuovi contratti.

Il Jobs Act passa alla Camera senza fiducia e con un giorno di anticipo rispetto al calendario: approvazione ottenuta con 316 voti a favore, 5 astenuti e 6 contrari, dopo che l’Aula si è espressa su tutti gli emendamenti. La legge delega di Riforma del Lavoro, a Montecitorio in seconda lettura, è stata modificata rispetto al testo uscito dal Senato, dove dovrà tornare per il via libera definitivo (atteso entro il 9 dicembre). Alla Camera è passato il testo uscito dall’accordo di maggioranza, sul quale non sono mancati i dissensi: quaranta deputati PD hanno lasciato l’Aula assieme a Lega Nord, Sel, Movimento 5 stelle e Forza Italia.

=>Nuove regole sui contratti da gennaio 2015

I cambiamenti maggiori riguardano il capitolo relativo a licenziamenti, articolo 18 e applicazione dei nuovi contratti ma ci sono altre modifiche rilevanti, ad esempio in tema di ammortizzatori sociali. Vediamo come si configura il nuova Jobs Act prima dell’ultimo passaggio in Senato.

Addio articolo 18

Mentre il testo precedente indicava solo che a tutte le nuove assunzioni sarà applicato il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio – con il dettaglio su reintegro o indennità economica in caso di licenziamento rimandato ai decreto attuativi della delega – adesso la legge mette nero su bianco l’eliminazione dell’articolo 18 per i licenziamenti economici: in caso di illegittimo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il dipendente non ha più il diritto al reintegro ma a un indennizzo economico «certo e crescente con l’anzianità di servizio».

=> Licenziamenti senza reintegro nel Jobs Act

Il reintegro resta per i licenziamenti discriminatori e alcune fattispecie di licenziamenti disciplinari. Resta anche il reintegro per i licenziamenti nulli, indipendentemente dalla motivazione per cui sono stati effettuati. La nuova formulazione prevede la necessità di rispettare “termini certi per l’impugnazione del licenziamento”.

Contratti

C’è una piccola modifica rispetto al testo originario: si conferma che il contratto a tempo indeterminato sarà più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti ma da “privilegiato” diventa “comune”. Inoltre, par di capire, si mira alla eliminazione di altri contratti oggi esistenti come le collaborazioni a progetto: lo si deduce da una modifica inserita a uno dei commi relativi alla nuova ASPI, in cui è specificato che l’universalizzazione del campo di applicazione comporta l’estensione al contratto di collaborazione “fino al suo superamento“.

Ammortizzatori sociali

Viene prevista l’introduzione di meccanismi standardizzati di concessione della cassa integrazione (semplificando l’attuale iter che richiede l’approvazione ministeriale) e si conferma in vari punti, rafforzandolo, il ruolo dei servizi per l’impiego e della maggior integrazione fra percorsi di studio e lavoro (parte contenuta in appositi capitoli della legge). Un capitolo importante per le aziende riguarda il finanziamento della nuova ASPI, destinato a diventare ammortizzatore sociale universale esteso a categorie oggi non tutelate, il che significa anche più costoso: saranno i decreti attuativi a specificare in che modo aumenteranno i costi per le imprese, PMI in particolare.

I tempi della legge

Dopo l’approvazione della Camera sarà necessario il passaggio definitivo del Jobs Act in Senato. L’approdo nell’Aula di Palazzo Madama è previsto per il 3-4 dicembre, con approvazione finale entro la metà di dicembre della legge delega. A quel punto, sarà il Governo a dover mettere a punto i decreti attuativi. I più attesi sono, naturalmente, quelli relativi all’introduzione del nuovo contratto a tutele crescenti. Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha nelle scorse settimane annunciato l’intenzione di farli partire entro il primo gennaio, scadenza che pur con la delega in dirittura d’arrivo sembra però difficile da rispettare.