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Studio professionale tassabile come reddito d’impresa

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 13 Giugno 2013
Aggiornato 28 Novembre 2014 09:26

Il peso della struttura organizzativa di uno studio professionale, rispetto all’opera intellettuale prestata dal professionista, determina la tipologia di reddito da tassare.

L’attività svolta da un professionista in uno studio professionale, a seconda della struttura e  dell’attrezzatura adottata, può essere tassata come reddito d’impresa invece che da lavoro autonomo.

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È quanto emerso dalla recente ordinanza n.13509 della Corte di Cassazione, che ha confermato la non coincidenza tra nozione di reddito di impresa secondo l’ordinamento civile e tributario.

Il caso riguardava la notifica di accertamento del Fisco ad un geometra, ritenendo che il reddito dichiarato come da lavoro autonomo dovesse invece essere ritenuto reddito d’impresa, avendo il professionista fatto uso di beni strumentali di ampie dimensioni.

Fondamentalmente il Fisco contestava al geometra che in quel dato periodo fosse stato prodotto un reddito da imprenditore invece che da libero professionista.

La Commissione di primo grado ha dato ragione al professionista; di parere contrario la Commissione tributaria di secondo grado, ritenendo che l’utilizzo di una struttura complessa snaturasse l’attività svolta tipicamente da quel tipo di professionisti.

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In sostanza, in quel caso«la professione di geometra era al servizio della ponderosa organizzazione che, complessa com’era la struttura imprenditoriale, poteva benissimo agire in modo indipendente e fuori dalla stragrande maggioranza dei casi dal controllo tecnico del geometra».

Interpretazione confermata anche dalla Commissione tributaria centrale, in risposta all’appello presentato dal contribuente, e quindi dalla Cassazione alla quale il geometra ha presentato ricorso.

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Nell’ordinanza della Cassazione, l’inammissibilità del ricorso presentato dal professionista viene spiegato ricordato che «la nozione tributaristica dell’esercizio di imprese commerciali non coincide con quella civilistica, giacché l’art. 51 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 intende come tale l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate dall’art. 2195 cod. civ., anche se non organizzate in forma di impresa, e prescinde quindi dal requisito organizzativo, che costituisce invece elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell’impresa commerciale agli effetti civilistici, esigendo soltanto che l’attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale, ancorché non esclusiva».