Riposi giornalieri: “allattamento” anche ai lavoratori padri

di Noemi Ricci

Pubblicato 20 Maggio 2015
Aggiornato 27 Maggio 2015 10:08

La sentenza del TAR che concede i riposi giornalieri al padre lavoratore coniugato con una madre casalinga e non lavoratrice dipendente.

Dal punto di vista delle agevolazioni concesse in caso di maternità/paternità, le madri casalinghe possono essere equiparate alle lavoratrici autonome, o meglio alle “lavoratrici non dipendenti”, pertanto deve essere ritenuta ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri per allattamento durante il primo anno di vita del bambino da parte dei padri anche nel caso in cui la madre del bambino sia casalinga.

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Caso

A stabilirlo è stato il TAR Puglia, sezione di Lecce, con la sentenza n. 2427/2014 che conferma l’orientamento del Consiglio di Stato. Il caso riguardava la fruizione dei riposi giornalieri previsti dall’articolo 40 del D.Lgs. n. 151/2001 (TU sulla maternità e la paternità), che era stato negato ad un padre di un neonato presupponendo la non equiparabilità ai fini della lett. c) dell’art. 40 del TU sulla maternità e la paternità della condizione di casalinga con quella di “non essere lavoratrice dipendente”.

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Normativa

L.’art. 40 del TU prevede infatti che i periodi di riposo che il datore di lavoro deve consentire durante il primo anno di vita del bambino siano riconosciuti al padre lavoratore in quattro casi specifici:

  1. figli affidati al solo padre;
  2. in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
  3.  madre non lavoratrice dipendente;
  4. morte o grave infermità della madre.

I riposi sono definiti al’art. 39 del Dlgs: due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata della durata di un’ora ciascuno (mezzora nel caso in cui si fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle sue immediate vicinanze). Il riposo è uno solo in caso di orario giornaliero di lavoro inferiore a sei ore. I riposi devono essere considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro e comportano il diritto ad uscire dall’azienda.

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Sentenza

Ora il TAR Puglia ha specificato che la “madre che non sia lavoratrice dipendente”, alla quale si fa riferimento alla lettera c) dell’art. 40 del D.Lgs. n. 151/2001, può essere sia una lavoratrice autonoma che una non lavoratrice e, quindi, casalinga. La decisione del TAR appare in linea con altre sentenze nelle quali si è stabilito che la madre casalinga debba essere considerata come lavoratrice, essendo impegnata in attività che comunque la distolgono dalla cura del neonato. Pertanto al padre deve essere garantita la possibilità di prendersi cura del bambino, nei momenti in cui la madre è impegnata in altre attività.

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Il TAR ha invece rigettato la domanda di risarcimento del danno, ritenendo l’errore commesso “scusabile”visto che la norma non disciplina espressamente l’ipotesi della madre casalinga e che in materia esistono contrasti giurisprudenziali.