In un periodo in cui la tecnologia sta diventando sempre più la protagonista assoluta di ogni aspetto della nostra vita, sia privata che lavorativa, una delle caratteristiche cruciali per i dispositivi mobili è rappresentata sicuramente dall’autonomia della batteria. Un’interessante scoperta in questo senso arriva da una squadra di ingegneri dell’Università sudcoreana di Sungkyunkwan a Seoul: ricaricare i cellulari per mezzo della nostra voce.
Sostanzialmente, partendo dal presupposto che la voce umana è energia, sarebbe possibile mantenere la carica di telefonini e smartphone semplicemente parlando.
«Abbiamo cercato di trasformare il suono in elettricità. La voce è una possibile fonte di energia, a cui non è mai stata data l’attenzione che merita», spiega l’ingegnere Sang-Woo Kim.
La batteria basata sulla nuova innovativa tecnologia sviluppata da questi brillanti ingegneri consentirebbe di trasformare le vibrazioni sonore in elettricità, questo significa che il nostro cellulare non si ricaricherebbe solamente con le telefonate ma anche grazie a tutti i suoni che ci circondano quotidianamente.
L’ideale, in questo senso, sono i posti molto rumorosi. Catturando i numerosi suoni dell’ambiente circostante il materiale fonoassorbente collegato alla batteria, vibrando, li trasmette a filamenti di ossido di zinco i quali rispondono alla vibrazione contraendosi ed espandendosi. Un meccanismo capace di produrre elettricità.
Il prototipo attualmente realizzato funziona, anche se riesce ad alimentare solo dispositivi a basso consumo, ma la strada imboccata sembra essere quella giusta e la via per la commercializzazione potrebbe non essere lontana.
L’obiettivo di Sang-Woo Kim è quanto mai ambizioso: ricaricare non solo i cellulari e computer, ma addirittura veicoli, l’illuminazione e più in generale qualsiasi dispositivo alimentato a batteria: «se le autostrade fossero dotate di protezioni acustiche, potrebbero catturare il suono dei veicoli e permetterne la ricarica in marcia, al contempo diminuendo la rumorosità nell’ambiente».