Fino a questo momento, Google aveva sempre evitato emissioni di debito, forte di una grossa liquidità. Ma anche Mountain View si è convertita ai bond e lunedì ha annunciato la prima emissione obbligazionaria della sua storia, un’operazione da tre miliardi di dollari. Del resto, il mercato hi-tech è in gran fermento su molteplici fronti, a partire da quello delle ipo dei social network. Linkedin, che domani sbarca sul Nyse, ha appena alzato il prezzo di 10 dollari per azione, portando la forchetta a 42-45 dollari.
Partiamo da Google. Offerte obbligazioni con scadenze a tre, cinque e dieci anni. I bookrunner dell’operazione sono Citigroup, JpMOrgan Chase e Goldman Sachs. Buone le valutazioni delle agenzie di rating: Aa2 per Moody’s e AA per S&P. Secondo fonti vicine alla situazione citate da Wall Street Journal, ci sono già richieste per oltre tre volte superiori all’offerta, intorno ai 10 miliardi di dollari.
L’obiettivo dell’emissione è chiaro: incamerare liquidi approfittando dei bassi tassi di interesse. La società che da qualche mese è guidata da uno dei fondatori, Larry Page, non ha certo problemi di liquidità: può contare su un cash intorno ai 37 miliardi di dollari. Ma le condizioni di mercati sono particolarmente favorevoli, grazie ai tassi di interesse molto bassi. In generale, il settore hi-tech è stato molto attivo sul mercato dei bond (17 operazioni quest’anno, per un totale di 17 miliardi, fra cui quelle di giganti come Cisco e Dell).
Il settore vice un periodo molto agguerrito anche sul fronte delle acquisizioni e degli investimenti in nuovi business, come dimostrano le recenti operazioni di Microsoft (fra l’altro, prima dell’acquisto di Skype da parte di Redmond c’erano stati rumors secondo cui anche Mountain View era interessata alla compagnia di telefonia).
Infine, è vero che Google ha un’alta liquidità ma è anche vero che buona parte dei fondi, quasi 17 miliardi, si trova la di fuori degli Stati Uniti. L’operazione servirebbe dunque anche a rimpimnguare le riserve di cassa all’interno dei confini nazionali, magari al servizio del finanziamento delle strategie del Ceo Larry Page.
E comunque, si tratta del debutto su un nuovo mercato finanziario, quello delle emissioni obbligazionarie, che è in qualche modo un indice di maturità per un’azienda leader mondiale nel suo settore.
Il tutto, in un momento di enorme effervescenza finanziaria del settore tecnologico, alle prese anche con gli sbarchi in borsa dei social network. Domani è il turno di Linkedin, che a conferma del clima da corsa all’oro (con tutti i rischi relativi allo scoopio di una bolla, che molti paventano), ha alzato il prezzo di offerta del 30%, a 42-45 dollari per azione, rispetto alla precedente forchetta, fra i 32 e i 35 dollari. La nuova quotazione valorizza la società oltre i quattro miliardi di dollari. Si tratta di una cifra circa 17 volte superiore al fatturato 2010 dell’azienda. Fra l’altro, il social network specializzato nell’area professional pur avendo registrato un utile nell’ultimo anno, per questo 2011 non si aspetta di essere profittevole, preferendo continuare a investire nella crescita.
Prezzi troppo alti? Un mercato che comporta troppi rischi? Le domande rimabalzano ormai dai mesi, anche sull’onda del ricordo della bolla di internet di inizio millennio. I social network sono una delle nuove frontiere su cui la finanza sta massicciamente puntando, e Wall Street attende diverse ipo, a partire da quella di Facebook, attesa nel 2012.