Italiani, amano il Web ma non producono tecnologie

di Marianna Di Iorio

5 Luglio 2007 16:05

Il Censis ha affrontato nei giorni scorsi il tema della connettività in Italia: il nostro Paese ama la Rete, ma non ci sono prodotti made in Italy

Gli italiani amano la Rete, ma non riescono a trasformare questa loro passione in una professione.

Negli ultimi anni si è assistito ad una notevole diffusione della banda larga in tutto il territorio nazionale e già dal 2002 la comunità italiana era quarta nello sviluppo di soluzioni open source.

Inoltre, secondo una recente indagine Technorati relativa ai blog, l’italiano è la quarta lingua più parlata sul Web.

L’Italia, dunque, è legata all’Information Technology, ma non riesce ad essere innovativa per quanto riguarda le tecnologie informatiche. Mancano, insomma, prodotti IT made in Italy.

Di questo argomento ne ha discusso nei giorni scorsi il Censis affrontando, in particolare, il tema delle “Concentrazioni e flussi di potere nelle reti telematiche”.

Per Gianni Dominici, responsabile del settore Innovazione del Censis «in Italia si rimane smanettoni, ma le piccole realtà non crescono, rimangono a livello locale e non hanno la possibilità di svilupparsi, mentre in America o in Gran Bretagna si ha la possibilità di far crescere le aziende che decidono di pescare in Rete».

Rispetto agli altri Paesi, dove le piccole aziende vengono assorbite da quelle di dimensioni maggiori, in Italia «gli oligopoli si sono trasformati in un rigido sistema oligarchico, incapace di creare innovazione», come afferma il segretario generale del Censis, Giuseppe De Rita.

Dell’Italia si parla più che altro di un paese-consumatore piuttosto che di un paese produttore e innovatore.

Per il Censis non si può essere un popolo di produttori se non ci sono figure in grado di occuparsi di trasferimento tecnologico (transformers), di finanziare l’innovazione (financiers) e di facilitare la connessione tra questi attori (brokers).

Secondo Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, «il settore non ha fatto scouting e non ha investito sul mercato come avrebbe dovuto». «L’esistenza di oligopoli – ha aggiunto Roma – nazionali e multinazionali, negli altri paesi non è un dato di freno: in altre realtà – diverse da quella italiana – si ha la capacità di prendere dal mercato ed investire su piccole realtà. In Italia questo non accade».