Decreto del Fare e rischi per la privacy

di Teresa Barone

10 Luglio 2013 10:00

Le critiche mosse dal Garante della Privacy verso alcuni articoli contenuti nel Decreto del Fare in materia di Wi-Fi e Fascicolo Sanitario Elettronico.

Il Decreto del Fare non tutela adeguatamente la privacy dei cittadini, esponendoli ad alcuni rischi e non garantendo adeguatamente la protezione dei dati personali: lo ha dichiarato il Garante della Privacy inviando una segnalazione a Governo e Parlamento contenente specifiche perplessità.

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L?autorità per la privacy, infatti, sottolinea alcune criticità contenute nel Decreto del Fare in materia di accesso a Internet via Wi-Fi, diffusione di troppe quantità di dati sensibili agli Enti Pubblici e carenza di tutela per gli imprenditori.

Per quanto riguarda la gestione del Wi-Fi libero il Garante punta il dito contro l?articolo 10 del Decreto:

«L?articolo 10 del decreto legge n.69 del 21 giugno scorso prevede, come già avviene adesso, che quanti offrono accessi a Internet tramite Wi-Fi (es. bar, ristoranti, alberghi) non debbano più identificare i clienti che utilizzano il terminale. Ma stabilisce al contempo l?obbligo di tracciare alcune informazioni relative all?accesso alla rete (come il cosiddetto “indirizzo fisico? del terminale, MAC Address) che, a differenza di quanto sostenuto nella norma, sono – ai sensi della Direttiva europea sulla riservatezza e del Codice privacy – dati personali, in quanto molto spesso riconducibili all?utente che si è collegato a Internet.»

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In materia di Fascicolo Sanitario Elettronico, invece, il Garante chiede una modifica dell?articolo 17 consentendo agli Enti pubblici di accedere solo ai dati strettamente necessari per finalità di cura:

«L?art.17 dello stesso decreto, poi, modificando precedenti disposizioni in materia di Fascicolo sanitario elettronico (Fse), prevede che, a fini di ricerca epidemiologica e di programmazione e controllo della spesa sanitaria, le Regioni e le Province autonome, il Ministero del Lavoro e il Ministero della Salute possano accedere alle informazioni sanitarie presenti nel Fse di tutti gli assistiti, compresi i documenti clinici prima espressamente esclusi. In questo modo tali amministrazioni si troverebbero ad utilizzare una enorme mole di dati sensibili (ricoveri, accessi ambulatoriali, referti, risultati di analisi cliniche, farmaci prescritti) che, per quanto non immediatamente riconducibili agli interessati, non sono indispensabili per il raggiungimento di finalità diverse da quella della cura.»

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