Un nuovo show televisivo di cui si parla molto ancor prima che vada in onda non necessariamente attira nuovi telespettatori. Lo dice un nuovo studio statunitense effettuato dalla Optimedia, società statunitense che si occupa di acquisti pubblicitari, che afferma che non sempre c’è correlazione tra questo gran parlare (o Buzz, in termini tecnici di marketing) e l’audience.
Secondo Wikipedia “Il Buzz è un insieme d’operazioni di marketing non convenzionale volte ad aumentare il numero e il volume delle conversazioni riguardanti un prodotto o un servizio e, conseguentemente, ad accrescere la notorietà e la buona reputazione di una marca…”. Parola onomatopeica che richiama il ronzio; un sibilo leggerissimo, tanto da non accorgersi della sua presenza, oppure tenace e irritante da far saltare i nervi: nei social media, il termine Buzz è riferito al passaparola, che si sviluppa intorno a un argomento, una situazione o un prodotto.
Anche in questo caso, le aziende cercano d’ottenere il massimo rendimento: quasi tutti i brand, infatti, inseriscono un rimando al proprio spazio su piattaforma social, apportando un “like”, un “follow”, o il nuovo “+1” di Google (quest’ultimo raggiunge direttamente le pagine web visitate, consigliando l’utente su contenuti o prodotti nei diversi spazi d’incontro).
Insomma, il buon vecchio passaparola innova funzione e look, procedendo simmetricamente: da una parte c’è chi utilizza il criterio dei rimandi per avere maggiore visibilità, dall’altra, utenti/acquirenti creano un tam tam (in parte inconsapevole), per quei prodotti che più li soddisfano. Resiste il sistema del “tag“, che si conferma sempre valido per condividere o promuovere beni e servizi.
L’interesse nei confronti del fenomeno, spinge le aziende a voler attribuire un controllo sull’andamento delle conversazioni, verificare, semmai, l’amplificazione originata da una marca o da un prodotto; ma è concretamente possibile pianificare il Buzz?
Il passaparola tra gli utenti è comunemente spontaneo; qualsiasi interferenza esterna arrecherebbe una sorta di distorsione, “una corruzione della realtà”, come dice qualcuno. Eppure, comprendendone le dinamiche, è possibile testare il Buzz, osservando alcune regole.
– In primo luogo, monitorare le conversazioni che ci riguardano, con i nostri prodotti e brand; conoscere il “cosa si dice” è un presupposto essenziale.
– Scoprire chi sono le persone influenti in rete per gli argomenti che riguardano la nostra industry.
– Preporre strumenti opportuni (e quali sono i social network in cui interporsi), tenendo presente il nostro target, selezionando le persone giuste in azienda per gestire al meglio i social media.
– Misurare i risultati, non solo in termini quantitativi, ma soprattutto in qualità, ascoltando il feedback che arriva dall’altra parte.
– Infine, usare le giuste metriche d’approccio.