Sul confronto fra azienda e sindacati in corso, in casa Fiat interviene il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il quale auspica che «si trovi un modulo più costruttivo di discussione». Il capo dello Stato ha parlato a margine di una visita privata a Napoli. E ha proposto una serie di riflessioni che riguardano alcuni punti fondamentali del dibattito, dai rapporti industriali alla produttività del lavoro alla competitività.
L’analisi di Napolitano riconosce che in atto c’è «un rapporto difficile, un confronto molto duro», quindi entra nel vivo: esiste innegabilmente «un problema di bassa produttività del lavoro». Ma, aggiunge subito dopo, «non è una questione legata esclusivamente al rendimento lavorativo delle maestranze», ma anche, «prevalentemente, all’innovazione tecnologica e all’organizzazione del lavoro». E allora «ci deve essere un confronto e si deve assumere questo obiettivo: tutte le parti in causa devono riconoscere l’essenzialità di questo impegno ad aumentare la produttività del lavoro ai fini della competitività internazionale della nostra economia».
La necessità del dialogo, dunque, per risolvere il nodo ormai intricatissimo delle relazioni industriali, questione scoppiata in Fiat ma che riguarda l’intero paese. Lo stesso Napolitano fa un esplicito riferimento agli accordi del ’93 sulla contrattazione collettiva e al diritto di rappresentanza: «Ho appena letto un intervento del ministro del Lavoro il quale dice che nell’accordo del ’93 erano sanciti diritti che bisogna fare salvi. Mi pare che questo sia un aspetto importante. Per quanto siano cambiate le cose e si possa vedere quanto dell’accordo del ’93 rimanga valido, però vi sono dei punti importanti che riguardano senza dubbio il diritto di rappresentanza, tutta una materia che ormai va affrontata».
Mentre la massima carica dello stato propone le sue riflessioni sulla crisi in atto, i toni sul caso Fiat restano molto accesi. L’appuntamento fondamentale sarà quello di metà gennaio (le date più probabili sembrano quelle di giovedì 13 e venerdì 14), quando i dipendenti di Mirafiori si esprimeranno sull’intesa siglata fra l’azienda e tutte le sigle sindacali ad eccezione della Fiom.
Ieri toni duri da parte dell’ad, Sergio Marchionne: «se vince il no con il 51% la Fiat non farà l’investimento» previsto dal piano per lo stabilimento torinese. Sono seguite posizioni altrettanto nette della Fiom, il segretario Mauriziuo Landini parla di «un attacco ai diritti e alla democrazia senza precedenti». La Fiom ha anche espresso un no secco alla proposta lanciata dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, sulla possibilità di arrivare a una “firma tecnica” dell’intesa di Mirafiori che, pur nel dissenso per i contenuti del piano, salvaguardi la rappresentanza (l’intesa prevede che i sindacati non firmatari non possano avere rappresentanti sindacali): «gli accordi si firmano o non si firmano, la firma tecnica non esiste», ha tagliato corto Landini.
La sigla metalmeccanica della Cgil continua ad appellarsi anche alle forze politiche perchè prendano posizione: oggi ha incassato l’appoggio dell’Italia dei Valori di Antonio di Pietro allo sciopero di categoria indetto per il 28 gennaio.