Il governo procederà alla riforma del mercato del lavoro con o senza il consenso dei sindacati e delle aziende. A dirlo è il ministro del Lavoro, Elisa Fornero, e il ministro dello Svilluppo, Corrado Passera, in occasione del tavolo con le parti sociali dedicato proprio al cambiamento del settore con uno sguardo sempre all’occupazione, uno dei talloni di Achille dell’economia italiana.
“Mario Monti ha affermato che il mercato del lavoro è sbilanciato ed è fatto di cittadini molto garantiti e altri che invece non lo sono per nulla” ha detto l’ex numero 1 di Banca Intesa. “Questa sorta di apartheid va superato anche riformando l’articolo 18, perché è proprio l’ingresso nel mondo del lavoro che è troppo difficile per giovani e meno giovani, proprio perché per le aziende certe tutele sono eccessive. Il nostro primo obiettivo nell’incontro odierno con i sindacati è quello di creare le condizioni giuste per aumentare l’occupazione e favorire l’ingresso dei giovani nel sistema lavorativo”.
Dal canto suo, Elsa Fornero punta a trovare una soluzione nel giro di 15-20 giorni, invitando gli interlocutori a un nuovo tavolo delle trattative tra una decina di giorni. “Oltre a incrementare l’occupazione, vogliamo creare un sistema in cui ci sia flessibilità in entrata e in uscita, senza per questo danneggiare i lavoratori, la cui posizione deve uscire rafforzata dalle nostre misure, sia per quanto riguarda chi ha già un impiego sia per chi lo sta cercando. Vogliamo poi realizzare un’uniforme distribuzione delle tutele sia nell’ambito del lavoro sia nel ciclo di vita della persona, senza tuttavia danneggiare le aziende le quali, a loro volta, devono uscire rafforzate”.
I titolari dei dicasteri sono poi tornati sul tema delle liberalizzazioni, affermando di essere pronti a iniziare una “seconda puntata” nel campo delle liberalizzazioni, magari anche accogliendo i suggerimenti delle banche e della Banca d’Italia in particolare.
Per quanto riguarda i sindacati e Confindustria, il timore è che il governo arrivi a prendere decisioni senza una vera trattativa, che prevede un negoziato e il raggiungimento di un accordo comune, pur sottolineando l’importanza della strada intrapresa: quella della riforma di un mercato, quello del lavoro, che non risponde alle aspettative dei cittadini e non è più al passo con i tempi.
Fatto sta che l’articolo 18 è il punto che divide di più le parti: il governo non lo reputa un tabù intoccabile, le aziende sono contente di sentire che c’è la possibilità di rendere più flessibile l’uscita dei lavoratori dalle imprese, mentre i sindacati storgono il naso, perché temono che possa esporre i dipendenti a ricatti e umiliazioni. “Facciamo casino se lo toccano” ha detto il segretario Cisl Raffaele Bonanni, anche se poi il ministro Fornero ha sottolineato che è allo studio una sperimentazione di modifica che riguarderebbe solo i nuovi assunti.
Per quanto riguarda i licenziamenti – secondo quanto potrebbe essere il documento finale accettato da governo, Confindustria e sindacati – è di renderli possibili a livello individuale purché siano sottoposti ad accordi con le parti sociali e “ammorbiditi” dagli ammortizzatori sociali e non da semplici indennizzi.
Per quanto riguarda le imprese, Corrado Passera è stato molto chiaro: “Nessuno può avere una garanzia di sopravvivenza per il futuro: da parte nostra punteremo ad aiutarle a innovare, internazionalizzare e rafforzarsi dal punto di vista patrimoniale”.