Un rapporto curato da Fiera Milano media che ha coinvolto i top manager di diverse aziende italiane ha mostrato quali siano le criticità di molte imprese alle prese con una lunga crisi. Il rapporto, dal titolo “L’Italia verso l’Europa 2020: come prosperare in una decate di crescita zero“, ha visto la partecipazione di esponenti istituzionali come il direttore dipartimento Affari fiscali del Fondo monetario internazionale, Carlo Cottarelli, del ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà e del viceministro per il Lavoro e le Politiche Sociali, Michel Martone.
Quello che emerge è un quadro congiunturale ancora difficile, legato alla contrazione della domanda, al ritardo nei pagamenti e al credit crunch, e una serie di criticità indicatedagli imprenditori, in alcuni casi sorprendenti, a cominciare dall’ultima posizione – tra i problemi sul tappeto – in cui viene relegata la riforma del mercato del lavoro e dal modesto rilievo attribuito alle politiche di liberalizzazione e privatizzazione.
Il 66% degli imprenditori dichiara di aver subito gli effetti della crisi, un peggioramento di 8 punti percentuali rispetto a quanto affermato in occasione di uno stesso studio di effettuato nel 2009, quando il 31% poteva ancora dichiarare condizioni immutate rispetto all’anno precedente, mentre oggi lo fa solo il 21%. Una nota positiva, seppur non eclatante: il 13% sostiene di aver migliorato la propria posizione, a differenza dell’11% del 2009. Nel complesso comunque nel 47% dei casi il fatturato è diminuito nell’ultimo biennio e manager e imprenditori sono meno ottimisti, poiché oltre il 70% del campione ritiene che la crisi avrà ancora effetti di medio-lungo termine sulla propria azienda.
Tra le principali criticità affrontate dalle imprese in questo periodo emergono la diminuzione degli ordini e delle vendite (62%) e l’insolvenza dei clienti (60%),a cui si sommano l’inefficienza della burocrazia (50%), l’aumento del costo del credito (40%) e la difficoltà ad accedervi (39%), l’aumento dei prezzi delle materie prime (29%) e il ritardo nei pagamenti della P.A. (25%). Mentre l’aumento della concorrenza straniera non rappresenta una minaccia significativa: solo il 16% lo indica tra le difficoltà del periodo.
I problemi più acuti da affrontare e risolvere per sbloccare la ripresa sono, dal punto di vista delle aziende, l’inefficienza della burocrazia, l’eccessiva pressione fiscale e il ritardo dell’infrastruttura telematica del Paese. Ciò che manager e imprenditori ritengono fondamentale è di procedere a una riforma della P.A. (77%), come la stessa OCSE aveva individuato tempo fa, collocando il nostro Paese al penultimo posto in Europa, seguito solo dalla Grecia. Richiedono poi al governo interventi di riduzione della pressione fiscale (68%) e defiscalizzazione degli utili reinvestiti nell’impresa (60%).
Per ovviare al problema della scarsa liquidità si desidererebbe anche un nuovo rapporto banca-impresa che valorizzi i progetti imprenditoriali (50%). Vengono ritenuti utili gli incentivi alle imprese e le agevolazioni per l’accesso al credito, ma non sono considerate prioritarie politiche di liberalizzazione e privatizzazione, ritenute importanti solo dal 31% e dal 22%. Ma quello che stupisce è la mancanza totale di percezione dell’urgenza di una riforma del mercato del lavoro e per misure previdenziali. E per adeguare il sistema infrastrutturale italiano agli standard europei, la priorità evidenziata dagli imprenditori non riguarda le infrastrutture fisiche, bensì la rete telematica (75%).