La filosofia orientale plasma un nuovo manager

di Simona Tenentini

30 Settembre 2009 09:00

Il sito www.managerzen.it aiuta a riscoprire una dimensione dimenticata del mondo professionale, più umana e spirituale, al fine di migliorare i profitti e la concentrazione

Riunioni interminabili, pranzi infiniti, stress da superlavoro, addio! Da qualche tempo è stato creato su Internet un sito dove avviare una riflessione culturale sul mondo professionale, verso una concezione più umana e divertente, ma anche più autentica e spirituale.

Tutto questo può essere realizzato attraverso la meditazione zen che permette di raggiungere profitto ed innovazione sviluppando interiorità e creatività. Il nome del sito è managerzen, ed è nato da un’idea di Federica Ghetti. Il leit-motiv che lo contraddistingue è il nuovo stile di vita che deve permeare l’aspetto morale e quello professionale del manager, che lo deve spingere a riflettere ma soprattutto ad agire sui problemi del lavoro senza aver paura «di impegnarsi ad unire sentimenti e lavoro, a far convergere professionalità e mission personale, ad integrare logiche del non profit e del profit, a fare incontrare aziende e manager “zen”, a congiungere cultura occidentale e filosofia orientale».

Dal punto di vista meramente pratico, Managerzen in primo luogo mette in contatto potenziali collaboratori con aziende la cui cultura sia in qualche modo contaminata da un approccio Zen al lavoro; realizza vie alternative di formazione rivolte a conoscersi, imparare ad ascoltarsi e a sviluppare le potenzialità umane e professionali sul lavoro e nella vita privata; organizza e gestisce forum di discussione per trovare spunti, idee; approfondire, tenere viva la fiamma.

L’obiettivo, insomma, è quello di superare la cultura dominante caratterizzata dalla totale assenza di determinati valori, e capire se questa assenza è intrinseca nella realtà economica o se invece è stata creata e viene tuttora accettata come l’unica possibile. In sostanza, è questa la domanda di fondo che galleggia: «È possibile creare un mondo del lavoro che dia profitto recuperando però al tempo stesso i valori fondanti su cui si basa la società?»

In una simile chiave di lettura la filosofia zen gioca un ruolo determinante, sia perché richiama ad una visione alternativa, sia perché ricerca costantemente la spiritualità e la saggezza orientale che possono insegnare molto all’occidente in termini di consapevolezza e crescita interiore. Infine la pratica zen, più di altre discipline, si adatta all’esigenza del manager occidentale poichè è una disciplina scevra da misticismi e propone una meditazione vigile, che rilassa la mente, ma rende anche molto attenti, aumentando quindi anche la capacità di concentrazione.

Le aziende italiane poco a poco si stanno facendo conquistare da questo inusuale approccio all’ambito professionale e lentamente si vanno diffondendo i novelli adepti che sperimentano lo zen come pratica di meditazione ma anche come incentivo dei profitti. Managerzen, per fornire la prova scientifica dei vantaggi che possono derivare da tale filosofia, sta avviando un progetto di ricerca per monitorare i vantaggi che la meditazione apporta a livello di performance professionali in termini di capacità concentrazione, calma ed equilibrio psico-fisico.

In definitiva sta nascendo un diverso concetto di innovazione, che si basa non più sulla tecnologia ma su nuove idee e creatività. Una creatività molto vicina ad un percorso di spiritualità, perché, come spiega Federica Ghetti, l’ideatrice del sito, “essere creativi significa accedere alle proprie risorse interiori, al proprio “spirito” creativo. La persona che è più vicina alla propria parte spirituale è la persona che attinge ad una serie di risorse molto più ampie rispetto a quelle che generalmente vengono attivate, ed esprime tutto il proprio potenziale.

Questo fa sì che anche nel lavoro e in tutte le azioni quotidiane siamo spronati a cercare strade nuove, risposte diverse, soluzioni creative a vecchi problemi, diverse forme di utilizzo, orientamento ai bisogni “reali” delle persone e delle comunità (e non delle fasce di mercato) piuttosto che continuare ad insistere laddove non c’è più prosperità. «Anche da questo si genera il successo delle imprese del terzo millennio».