Chiamatelo pure downshifting, o semplicità volontaria, fatto sta che l’esigenza di dedicare più tempo a quello che si reputa essere importante, dalla famiglia all’impegno ecologista, sottraendolo alle necessità del business, si fa strada e si arricchisce di esempi significativi. Come nel caso di Stefano Cucca, 34 anni, consulente strategico e docente di management, e del suo bizzarro progetto di dare una sterzata decisa alla sua vita, personale e professionale.
Come ha raccontato all’ANSA, Cucca lascerà tutto per realizzare il suo sogno: pedalare dalla Sardegna al resto del mondo alla ricerca di storie di vita sostenibili. Il prossimo 8 giugno da Sorso, la sua cittadina d’origine in provincia di Sassari, darà inizio all’avventura “Rumundu”: 300 tappe, 30.000 chilometri passando per l’Europa, l’America, l’Asia, l’Africa, alla ricerca di testimonianze e racconti incentrati sul rallentamento dei ritmi, senza che questo significhi necessariamente il ritorno a uno stile di vita primitivo.
«Non sto scappando – ha spiegato in conferenza stampa – voglio solo vedere se un altro mondo, più sostenibile, è possibile: capire, raccogliendo esperienze e racconti, se è possibile rallentare. Non è necessario fermare la tecnologia e il progresso ma trovare un equilibrio con noi stessi e con tutto quello che ci circonda. Perché nella vita non bisogna mai smettere di sognare».
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Un sognatore romantico che comunque ha fatto tesoro della sua esperienza di manager, visto che la sua impresa potrà essere seguita ogni giorno attraverso la rete, con l’obiettivo di costituire una vera e propria community sostenibile. Una delle tante storie di professionisti che a un certo punto scelgono di investire anche sui propri desideri e aspirazioni, spesso accantonati o tenuti al margine dalla necessità di inseguire freneticamente il business, ovunque esso li porti.
Questa infatti la conclusione di Stefano Cucca: «Ascolterò il punto di vista di chi ha scelto, ad esempio, di vivere in un ecovillaggio, fino a quello dell’amministratore delegato di una multinazionale che “dovrebbe” fare i conti con la responsabilità sociale d’impresa. Quanto raccolto servirà a riscoprire, valorizzare e diffondere una virtù troppo spesso dimenticata: il buon senso».