

La conquista di ruoli apicali nel campo della ricerca non è una prerogativa femminile: sono solo il 24% le donne dirigenti nel comparto, con un netto sbilanciamento a favore del sesso forte.
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La situazione è illustrata nel volume curato da Sveva Avveduto, dirigente ricercatrice del Cnr, e Lucio Pisacane, autori di “Portrait of Lady“. Se agli esordi della carriera si può percepire una parità quasi netta tra i due sessi, con il passare degli anni la forbice si amplia notevolmente tagliando fuori il mondo rosa dalle posizioni di comando.
Mentre per le donne occupano il 38% delle posizioni nel comparto della ricerca, per i colleghi uomini questa percentuale arriva fino al 62% (va un po’ meglio in ambito pubblico), sebbene il numero di esponenti del sesso debole attive nel settore sia aumentato nel corso degli anni.
Come spiega Sveva Avveduto:
«Lo stesso si verifica per i tecnologi: appartengono al genere femminile il 44% del grado iniziale, il 34,6% dei primi tecnologi e il 22% dei dirigenti tecnologi. Ancora meno incoraggianti i dati relativi alla direzione: sono meno del 17% le donne tra i direttori di Istituti di ricerca e di Dipartimento, malgrado dal 2010 al 2012 ci sia stato un incremento del 3,6%, e non si conta neanche una presenza femminile su cinque direttori generali.»
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Per quanto riguarda i dati del comparto pubblico, in Italia i ricercatori pubblici sono 62.607 – un numero decisamente più elevato rispetto ai 39.808 attivi nelle aziende – e la presenza rosa si caratterizza per percentuali maggiori se confrontata con il privato:
« A determinare tale preferenza nell’orientamento femminile concorre anche la presenza di una serie di garanzie: dalle tutele della maternità all’eguaglianza di opportunità di accesso, fino all’avanzamento di carriera formalmente paritario.»