Se è vero che la prospettiva di un trasferimento all’estero per cercare migliori opportunità occupazionali è presa in considerazione da un numero crescente di giovani, è altrettanto reale la progressiva digitalizzazione delle modalità di lavoro destinata, forse, a limitare la fuga dei cervelli.
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Grazie alle moderne tecnologie e ai device mobile, che consentono la comunicazione e lo scambio di dati a distanza, varcare i confini nazionali alla ricerca di un lavoro soddisfacente potrebbe non essere una scelta quasi obbligata. Lo si legge nell’ultima newsletter diffusa da Federprivacy, parte integrante del gruppo di lavoro GL 5 (“Tecnologie e tecniche per la protezione della Privacy e dei dati personali”) istituito al termine dell’indagine preliminare promossa dalla Commissione Centrale Tecnica UNI.
«Molte di quelle attività che un tempo erano vincolate all’ufficio, adesso possono essere svolte con un pc ed uno smartphone da qualunque luogo in cui vi sia una buona connessione di rete – afferma il presidente di Federprivacy Nicola Bernardi – ed essendo ormai diventato normale lavorare a distanza, non è detto che cambiare fisicamente nazione rappresenti sempre la soluzione ideale. Più che su un eventuale trasferimento all’estero, i giovani potrebbero avere maggiori possibilità di realizzare i loro obiettivi professionali puntando sulle competenze che richiedono multinazionali ed altre grandi realtà, ad esempio quelle necessarie per cogliere le opportunità del mercato digitale. Inoltre, è proprio in Italia che stiamo vedendo gli sviluppi più interessanti, con i lavori in corso per arrivare alla pubblicazione di una norma UNI che definirà i profili dei professionisti della privacy in modo trasparente e in linea con le reali esigenze del mercato.»
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