Con oltre 3 milioni di persone che lavorano in modo irregolare in Italia, la perdita di risorse ammonta a circa 37 miliardi di euro per quanto riguarda il danno erariale causato dalle tasse e dai contributi che non sono stati regolarmente versati.
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Ad affermarlo è la Cgia di Mestre sulla base di dati istat 2014, sottolineando come proprio nell’anno preso in esame dal lavoro nero sia scaturito il 4,8% del PIL nazionale, pari a 77,2 miliardi di euro.
«Con la crisi – afferma il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – l’economia da lavoro irregolare ha subito una forte impennata. Tra il 2011 e il 2014, il valore aggiunto generato da questo settore è salito dell’8,5%. Purtroppo, chi in questi ultimi anni ha perso il posto di lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia, ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti o a svolgere attività lavorative completamente in nero per portare a casa qualcosa.»
Il lavoro irregolare coinvolge soprattutto le Regioni del Sud (che si caratterizza per 1 milione e 270mila lavoratori irregolari), seguite da quelle del Nord-Ovest (quasi 708 mila), del Centro (644.400) e nel Nord-Est (oltre 483 mila).
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«Con troppe tasse e un sistema burocratico e normativo eccessivo – ha commentato il segretario della Cgia di Mestre, Renato Mason – l’economia irregolare ha trovato un habitat ideale per espandersi. Inoltre, chi opera completamente o parzialmente in nero fa concorrenza sleale e altera le più elementari norme di democrazia economica nei confronti di chi lavora alla luce del sole ed è costretto a pagare tutte le tasse e i contributi fino all’ultimo centesimo. Anche per questo è necessario che il lavoro nero venga contrastato e perseguito.»