


Chi utilizza quotidianamente i social media, sia per svago che con finalità professionali, si sarà sicuramente imbattuto, nelle ultime settimane, in video che iniziano con la frase “Sputo fatti”. I social, infatti, si sono letteralmente riempiti di Reel e video che seguono questo nuovo trend. Influencer, content creator, ma anche brand e professionisti, hanno cercato di cavalcarne l’onda, sfruttando questa tipologia di contenuto per ottenere maggiore visibilità.
Questo format, però, ha diviso il pubblico del web: da un lato, molti utenti sono attratti da questa nuova modalità di comunicare informazioni e opinioni. D’altro canto, non mancano le critiche. Il trend, infatti, viene spesso giudicato eccessivo e, talvolta, rischia di scadere nella volgarità. Ma come siamo arrivati ai video “Sputo fatti” e perché il format ha ottenuto tanto successo? Scopriamolo insieme.
Com’è nato il trend virale “Sputo fatti”
I video “Sputo fatti” rappresentano un vero e proprio fenomeno virale, particolarmente diffuso su TikTok e Instagram, in quanto piattaforme ideali per la creazione di contenuti brevi.
Il format prevede che l’autore del contenuto esprima la propria opinione schietta su un argomento, spesso controverso o scomodo.
Sebbene oggi il trend venga utilizzato per creare contenuti dedicati ai temi più disparati, in origine era destinato alla condivisione di pensieri su questioni divisive e difficili da accettare.
Il termine “Sputo fatti” deriva dallo slang inglese “to spit facts”, che letteralmente significa “sputare fatti”. Tuttavia, il senso reale dell’espressione indica il dichiarare qualcosa con cui chi parla concorda fortemente.
Grazie al suo stile diretto e incisivo, il format ha rapidamente conquistato una vasta popolarità, tanto da attirare l’attenzione degli esperti di Social Media Marketing.
Inoltre, molte aziende e professionisti hanno deciso di sfruttare la tendenza per creare video in grado di dare visibilità al profilo aziendale.
Perché “Sputo fatti” ha attirato critiche
Il successo del trend “Sputo fatti” è legato principalmente alla sua immediatezza e al modo diretto di esprimere concetti e opinioni.
Tuttavia, come spesso accade per i fenomeni virali, il format non è esente da critiche.
La principale accusa riguarda la brutalità (e, talvolta, la volgarità) con cui alcuni creator comunicano i propri messaggi, utilizzando spesso anche toni aggressivi. Questo aspetto ha generato sul web un vero e proprio dibattito sulla reale efficacia del trend nel favorire una comunicazione che sia realmente costruttiva.
Un altro elemento ampiamente criticato è legato al rischio di disinformazione. La natura spontanea e diretta dei video potrebbe spingere i creator a diffondere informazioni imprecise o non verificate. Inoltre, la recente decisione di Meta di eliminare il fact-checking sui propri social rende ancora più difficile individuare eventuali fake news diffuse attraverso questo format.
Per questo, il trend potrebbe diventare una potenziale fonte di disinformazione.
Ricordiamo, comunque, che questo rischio è comune tanto a “Sputo fatti” quanto a molte altre tipologie di contenuti con potenziale di viralità.
Si può sfruttare il format per promuovere PMI e professionisti?
In ogni caso, il trend “Sputo fatti” rappresenta un’opportunità innovativa per chi desidera sperimentare nuove strategie di comunicazione sui social.
Come anticipato, molte aziende e attività professionali hanno già ceduto al fascino di “Sputo fatti” e lo hanno sperimentato per aumentare la propria visibilità sui social.
Per sfruttare questo format, occorre individuare un argomento scomodo o controverso e realizzare un video in cui si “sputano fatti”, condividendo un punto di vista in maniera decisa e incisiva.
Attenzione, però, perché questo format non è per tutti: si tratta di un trend adatto a un target relativamente giovane e a un tipo di comunicazione informale. Dunque, è essenziale utilizzarlo con consapevolezza.
Chi opera in contesti formali potrebbe non trarne benefici: si rischia, al contrario, di compromettere la propria immagine.
di Laura Caracciolo, Social media manager, AU di Emera