Ddl corruzione, le pene salgono fino a 10 anni

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 26 Febbraio 2015
Aggiornato 18 Marzo 2015 09:52

Si va verso pene più pesanti contro la corruzione: l'emendamento al Ddl Corruzione approvato, tra le polemiche, dalla Commissione Giustizia del Senato.

Approvato dalla Commissione Giustizia al Senato un emendamento al Ddl Corruzione, proposto dal Governo, con il quale vengono aumentate le pene, minima e massima, per il reato di corruzione compiuto da pubblici ufficiali: si passa da quattro a sei e da otto a dieci anni di carcere. Una notizia commentata così, su Twitter, dal premier Matteo Renzi:

«Prima l’Autorità affidata a Cantone, poi i commissariamenti con il decreto Madia. Ora aumentiamo le pene per i corrotti #lavoltabuona».

=> Corruzione, libertà d’impresa a rischio

Aumento delle pene

Le voci contrarie all’emendamento lamentano il rischio di rendere irrazionale l’intero sistema sanzionatorio dei reati contenuti nel Ddl anticorruzione, poiché la pena per la corruzione “semplice” diventerebbe più rilevante di quella per la corruzione in atti giudiziari, come spiegato anche dal presidente della Commissione, Francesco Nitto Palma. Ad esempio la sanzione minima di sei anni di carcere prevista per il reato di corruzione compiuto da pubblici ufficiali sarebbe inferiore di solo un anno a quella per tentato omicidio. Un emendamento del relatore prevedeva di aumentare fino a 10 anni la pena massima, ma non apportava modifiche alla pena minima prevista attualmente dal Codice Penale.

=> Corruzione: risoluzione dei contratti di appalto

Tra i critici il senatore Ciro Falanga:

«L’emendamento ha reso squilibrato l’intero assetto sanzionatorio. Se l’obiettivo è quello di fare una buona legge, occorre una rivisitazione sistematica delle pene. Se al contrario, l’obiettivo è semplicemente licenziare il provvedimento ad una determinata ora, qualunque esso sia, ciò non può che vedere Forza Italia in posizione di energica opposizione».

Falso in bilancio

Per quanto riguarda il falso in bilancio, accantonata l’ipotesi che per le società non quotate sia perseguibile solo a querela, si prevede che diventi sempre perseguibile d’ufficio. Vengono però chiuse le porte alla definizione di soglie di non punibilità. Si trattava di un paracadute pensato per le piccole imprese più esposte a errori, in caso di falsità o omissioni che comportino una variazione del risultato economico non oltre il 5% dell’utile di esercizio e l’1% del patrimonio netto, sul quale però il Governo ha poi fatto dietrofront. Per venire  incontro alle realtà minori che commettono degli errori sono previste le sanzioni commisurate al volume d’affari. Si parla di un tetto di 600.000 euro, al di sopra del quale le pene previste andrebbero dai 2 ai 6 anni di carcere, al di sotto da 1 a 3 anni. Sul falso in bilancio il Governo sembra intenzionato a presentare l’emendamento direttamente in Aula e non in Commissione.