Dopo l’invio alle parti sociali dell’avviso comune da parte del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi – contenente una bozza del disegno di legge delega per la modifica dello Statuto dei Lavoratori – è subito scattato lo sdegno dei sindacati, che vi hanno letto un tentativo di aggirare i diritti dei lavoratori facendo saltare il tavolo di confronto e introducendo elementi di divisione.
Il testo del nuovo “Statuto dei lavori” mira a dimezzare le norme attuali e abrogare le più antiche e si articola in due parti: una sui diritti inderogabili, universali e fondamentali; l’altra sulle tutele già in essere, salvo modifiche e adattamenti a seconda delle esigenze specifiche per conto delle parti sociali.
Secondo la Relazione al Dl la riforma incoraggiare l’aumento di assunzioni, retribuzioni e produttività. Cisl e Confindustria hanno scelto di dare fiducia al Ministro mentre invece, per la Cgil, è solo una proposta di cancellazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori da parte di un Governo ormai senza maggioranza significa una “deregolazione al ribasso dei diritti che difficilmente in questa legislatura potrà essere discussa”.
La Fiom ritiene la proposta “grave e inaccettabile” e la nuova normativa un modo per ridurre diritti e tutele dei lavoratori, così come fatto con il disegno di legge sul lavoro appena approvato. Piuttosto sarebbe necessario estendere quello esistente alle imprese con meno di quindici dipendenti.
Della stessa opinione il Partito di Rifondazione Comunista. Va oltre il PD, che evidenzia il ritardo cronico della riforma e propone invece di riscrivere l’intero diritto del lavoro, non solo lo Statuto dei Lavoratori, con un codice del lavoro semplificato (70 pagine).