Bed and Breakfast: legge regionale e regolamento condominio

di Chiara Basciano

Pubblicato 15 Maggio 2015
Aggiornato 10 Ottobre 2016 09:50

Bed and Breakfast, la Cassazione chiarisce i dubbi sul divieto nel regolamento condominiale e sulla destinazione d'uso.

Un immobile ad uso abitativo può essere adibito a Bed and Breakfast, lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 704/2015, che ribadisce la linea già definita con altre sentenze precedenti. La Corte ha inoltre stabilito che la legge regionale, ovvero legislazione in materia urbanistica o più in generale in materia amministrativa, disciplinando i rapporti tra cittadini e norme di carattere pubblicistico, non può incidere sui rapporti tra privati condomini e sugli obblighi che reciprocamente si assumono.

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Regolamento condominiale

In sostanza per poter liberamente esercitare l’attività di B&B all’interno di un appartamento situato all’interno di un condominio è necessario verificare quanto disposto sul punto dal regolamento condominiale. Il caso riguardava un’attività di B&B avviata all’interno di un condominio, autorizzata da una prima delibera assembleare, le cui proprietarie erano state successivamente citate in giudizio da altri condomini per violazione del regolamento condominiale il quale prevedeva il divieto di destinare le unità immobiliari ad uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato. Veniva quindi richiesta l’immediata cessazione dell’attività esercitata.

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Le proprietarie si difendevano affermando che l’attività di affittacamere non comporta alcun cambiamento nella destinazione d’uso degli appartamenti e chiedevano pertanto la sospensione della delibera che negava loro l’autorizzazione all’esercizio dell’attività alberghiera. Dopo che il Tribunale aveva ordinato la cessazione dell’attività alberghiera nelle loro abitazioni, le proprietarie proponevano ricorso in appello, mentre il condominio e l’amministratore si costituivano chiedendo il rigetto dell’appello. La Corte d’Appello ha accolto il ricorso con la motivazione che l’attività di affittacamere non comporta automaticamente una modifica della destinazione d’uso delle unità immobiliari. A questo punto il condominio e l’amministratore sono ricorsi in Cassazione. I giudici della Cassazione, nell’emettere la sentenza, hanno precisato che, seppur le norme contenute nei regolamenti condominiali contrattuali possono limitare il godimento e la destinazione d’uso degli immobili in proprietà esclusiva, esse devono essere espresse chiaramente o almeno devono risultare da una volontà desumibile inequivocabilmente.

Legge regionale

La Corte ha inoltre ritenuto infondato uno dei motivi d’impugnazione relativi all’ipotesi di violazione e la falsa applicazione delle disposizioni dettate dalla Regione Lombardia con il Testo Unico in materia di turismo (l. regionale Lombardia 15/07) e con riferimento all’art. 115 c.p.c., sulla base del fatto che la legislazione urbanistica, o comunque di natura amministrativa non può intervenire sulla disciplina di rapporti privati regolati contrattualmente. Secondo la Cassazione, dunque, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto di interpretare il volere dei condomini in base a quanto risulta testualmente dal regolamento condominiale, considerato quale disciplina contrattuale vincolante.

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Affittacamere

Viene inoltre richiamata la costante giurisprudenza della Corte di legittimità in riferimento alla similare attività di affittacamere: l’attività richiede la cessione del locale ammobiliato e provvisto delle indispensabili somministrazioni (acqua, luce, ecc.), oltre alla prestazione di servizi personali. La mancanza di tali servizi non riconduce l’attività all’ambito del concetto di affittacamere e non la sottrae alla disciplina della locazione ad uso abitativo. Anche in imprese simili si riscontrano i caratteri tipici dell’attività alberghiera di natura imprenditoriale, anche se di natura più modesta.

Fonte: Sentenza Corte di Cassazione