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Appalti: aggiudicazione con DURC irregolare

di Francesca Pietroforte

Pubblicato 22 Luglio 2015
Aggiornato 14 Dicembre 2015 09:41

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea interviene in materia di aggiudicazione di appalti pubblici da parte di imprese con DURC temporaneamente irregolare.

Il Consiglio di Stato (con Ordinanza n. 1236 dell’11 marzo 2015 relativa alla regolarità contributiva negli appalti pubblici) ha sollevato di fronte alla Corte di Giustizia UE una questione pregiudiziale con l’obiettivo di definire se in un appalto sopra soglia sia possibile accettare l’offerta di un’impresa con DURC irregolare, sebbene inconsapevolmente, e comunque regolarizzato al momento dell’aggiudicazione o della verifica effettuata dall’ufficio preposto.

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DURC irregolare

Il caso riguardava l’aggiudicazione di una gara relativa all’affidamento dei servizi a un consorzio di società cooperative, escluso perché al momento della verifica era emerso il mancato versamento della terza rata dei premi assicurativi entro la scadenza, eseguito solamente prima dei controlli. Il consorzio si appellava al Tar del Lazio ottenendo tuttavia una risposta negativa: il DURC deve essere regolare per tutte le consorziate al momento della presentazione dell’offerta e il pagamento tardivo non poteva rappresentare una regolarizzazione ai fini del bando di gara.

Vedendosi respinto il ricorso in prima istanza, il consorzio proseguiva in sede di Consiglio di Stato sostenendo che, essendo causa del DURC negativo il mero riscontro del mancato pagamento della singola rata di un premio assicurativo, per altro saldata spontaneamente e prima che l’ufficio accertasse la questione (sebbene in ritardo), non poteva ravvisarsi una violazione grave tanto da rappresentare una causa di esclusione dell’offerta tra quelle in gara.

Differenze Italia e Paesi UE

Il Consiglio ha rilevato che gli effetti dell’applicazione delle norme nazionali contrasta con quanto previsto dall’Unione Europea, producendo un effetto discriminatorio per le aziende italiane rispetto a quelle degli altri Paesi dell’UE: per la norma italiana è sempre necessario il controllo d’ufficio che attesti la regolarità contributiva dell’impresa, mentre nel resto dell’Europa la stazione appaltante può chiedere alle imprese partecipanti alla gara i documenti probatori attestanti la regolarità contributiva e, qualora non venga rilasciato alcun documento o certificato da parte di un altro Stato, è sufficiente una dichiarazione giurata.

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Proprio per chiarire la sussistenza di nocumento per le imprese italiane, dovuto al mancato rispetto del principio di pari possibilità per le imprese, il Consiglio di Stato si è rivolto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiedendo:

«Se l’art. 45 della direttiva 18/2004, letto anche alla luce del principio di ragionevolezza, nonché gli artt. 49, 56 del TFUE, ostino ad una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura d’appalto sopra soglia, consenta la richiesta d’ufficio della certificazione formata dagli istituti previdenziali (DURC) ed obblighi la stazione appaltante a considerare ostativa una certificazione dalla quale si evince una violazione contributiva pregressa ed in particolare sussistente al momento della partecipazione, tuttavia non conosciuta dall’operatore economico – il quale ha partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità – e comunque non più sussistente al momento dell’aggiudicazione o della verifica d’ufficio.»