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Aumento cedolare secca affitti brevi al 26%: cambia la Manovra 2024

di Anna Fabi

Pubblicato 27 Ottobre 2023
Aggiornato 29 Ottobre 2023 08:15

Cedolare secca su affitti brevi al 26% dal 2024 per più di un immobile, tassa trattenuta anche dalle piattaforme web: nuove anticipazioni sulla Manovra.

Da gennaio la cedolare secca sugli affitti brevi sale al 26% in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta, e ad esclusione della prima casa.

Per le conferme si attende il testo ufficiale della Manovra 2024, e comunque ci sarò spazio per eventuali correttivi in Senato, dove inizierà l’iter parlamentare della Legge di Bilancio. Nel frattempo, protestano le associazioni di categoria ed i proprietari di case.

Cedolare secca al 26% sugli affitti turistici brevi

Nella bozza in circolazione sulla Legge di Bilancio 2024, si introducono modifiche alla disciplina fiscale sulle locazioni brevi. La prima stesura della misura sembrava particolarmente rigida, tanto da scatenare le proteste delle associazioni di categoria.

«Si tratta di una misura che, se confermata, andrebbe a colpire quella classe media che il Governo dice di voler supportare nella capacità di spesa, mettendo le mani nelle tasche dei proprietari italiani» aveva sottolineato immediatamente Aigab, associazione italiana gestori affitti brevi.

Dalla scure di Governo si sarebbero salvate solo unità immobiliari identificate come abitazioni principali, ossia la prima casa.

Dall’ultima stesura emergono novità sostanziali: il rincaro d’imposta scatterebbe solo nel caso di affitto breve di più abitazioni. Questo escluderebbe la maggior parte dei “piccoli” affittuari che usano questa formula per arrotondare le entrate a fine mese.

Quanto si paga oggi di cedolare secca sugli affitti brevi

Il 96% delle case in Italia con affitti brevi appartiene a proprietari singoli: «parliamo di circa 600mila famiglie che contano sulla messa a reddito di un immobile ereditato o su cui hanno investito con l’obiettivo di procurarsi, legittimamente, un’entrata integrativa», segnala Aigab.

La cedolare secca su questa tipologia di immobili, lo ricordiamo è oggi al 21%, restando comunque un regime opzionale (applicabile se il locatore non possiede più di quattro appartamenti) e alternativo alla tassazione ordinaria IRPEF.

«Attualmente per un proprietario, la rendita netta tramite gli affitti brevi equivale al 35% dell’incasso, dal cui totale complessivo deve stornare cedolare secca (21%), costi per le utenze (circa 3mila tra elettricità, gas, wi-fi, TARI, TASI, IMU), costi delle pulizie (10% degli incassi), costi dei portali online (20% degli incassi)».

Cosa cambia dal 2024 per chi affitta casa ai turisti

Vengono considerati “affitti brevi” le locazioni per periodi tra 1 e 30 giorni.

Per chi affitti decorrenti dal 1° gennaio 2024, l’imposta sul reddito prodotto nel caso di esercizio dell’opzione di cedolare secca, sale al 26% per i proprietari di immobili che affittano ai turisti con contratti brevi più di un immobile.

Per chi si limita ad una sola abitazione, dunque, non dovrebbe cambiare nulla.

Tassa Airbnb: ritenuta su affitti online

La Manovra 2024 impone inoltre alle piattaforma web di intermediazione per gli affitti brevi, ad esempio Airbnb, di trattenere comunque una quota pari al 26% per chi mette in affitto onlinepiù di una casa, sia che si eserciti l’opzione di cedolare secca sia che si preferisca la tassazione ordinaria.

Il rischio di affitti in nero

Gli affitti brevi valgono circa 11 miliardi di euro in termini di prenotazioni dirette, altri 44 miliardi di indotto per un totale di circa 57 miliardi di PIL, calcolando anche quanto attivato da ristrutturazioni, arredi e manutenzioni.

L’incremento al 26%, secondo l’associazione di categoria, rischia di alimentare il ricorso al sommerso e di portare a un minor gettito, «perché ai proprietari converrà affittare per meno giorni e in nero piuttosto che investire in una gestione complessa come quella online».

«Non riusciamo a capire perché chi affitta con un normale contratto 4+4 continuerebbe a pagare il 21%».