Patto di Stabilità UE, dal 2024 regole ordinarie ma con revisioni

di Barbara Weisz

8 Marzo 2023 15:08

Patto di Stabilità UE: stop alla clausola di salvaguardia per la flessibilità sui bilanci ma si lavora a nuove regole, più convenienti per l'Italia.

Fine della flessibilità di bilancio, dal 2024 l’Europa ripristina le regole ordinarie del Patto di Stabilità ma nel frattempo lavora a una sua revisione. Che, in base alle anticipazioni, dovrebbe modificare la governance senza cambiare i parametri (deficit al 3% e debito al 60%) ma introducendo regole meno rigide che tengano conto delle specificità delle politiche economiche e dei bilanci dei Paesi membri. Maggiori certezze si avranno il 14 marzo, quando è previsto il nuovo consiglio Ecofin.

Cosa significa tutto questo? Che l’Europa sta preparando una nuova cornice regolamentare per analizzare e valutare i bilanci nazionali in base a cui decidere i percorsi di rientro.

Stop alla clausola di salvaguardia dal 2024

A partire dal 2024, termina di avere effetto la cosiddetta clausola di salvaguardia decisa nel 2020 in piena pandemia, che consentiva flessibilità sul percorso di rientro di deficit e debito. Le raccomandazioni di primavera 2023 continueranno ad applicarla ma, dall’anno prossimo, torneranno regole più rigide in base alle quali Bruxelles valuta i bilanci degli Stati e prevede eventuali misure. In ogni caso, sembrano escluse procedure per debito eccessivo a stretto giro.

La clausola, spiega il Commissario UE all’Economia, Paolo Gentiloni, nel 2020 «è stata la decisione giusta. Ha dato ai governi dell’UE la flessibilità di cui avevano bisogno per sostenere prima i lavoratori e le imprese durante i blocchi. Era anche giusto mantenere attiva la clausola dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, che preannunciava una nuova fase di incertezza». Ma ora «l’economia europea si è ripresa oltre il suo livello pre-pandemia», e «ha superato la fase acuta dello shock dei prezzi dell’energia», quindi secondo Bruxelles «è giunto il momento di revocare la clausola».

Il percorso verso il nuovo accordo UE

In base alla tabella di marcia, l’anno prossimo dovrebbe entrare in vigore il nuovo Patto di Stabilità su cui sta lavorando l’Europa. Come detto, una prima data importante è fissata al prossimo 14 marzo, giorno in cui è prevista una dichiarazione di convergenza degli Stati membri su un testo condiviso. Che conterrà le nuove regole sul coordinamento delle politiche di bilancio.

L’iter prevede le seguenti tappe: prima l’accordo fra gli Stati membri (di cui è attesa la formalizzazione a metà marzo), poi la presentazione di una proposta legislativa da parte della Commissione UE, infine un percorso di approvazione che dovrebbe terminare entro fine anno. Se tutto filerà liscio, nel 2024 non torneranno in vigore le vecchie clausole del Patto di Stabilità ma quelle nuove.

Le nuove regole premiano l’Italia

L’accordo, spiega Gentiloni, «visto nell’ottica di un paese come l’Italia, certamente ha una maggiore gradualità nella riduzione del debito: c’è un incentivo agli investimenti che produce ancora maggiore gradualità, e quindi certamente è un’ottima operazione».

I dettagli dell’accordo si conosceranno la settimana prossima. Sembra che il nuovo Patto non cambi però i due parametri fondamentali, in base ai quali i Paesi sono tenuti al percorso verso la riduzione del deficit al 3% del PIL e del debito al 60%. Su quest’ultimo fronte, però, si parla dell’eliminazione dell’ulteriore vincoli del tasso di riduzione pari a 1/20 all’anno per i paesi (come l’Italia) che hanno un debito troppo alto. Il meccanismo, par di capire, sarà meno rigido e più flessibile rispetto alle politiche economiche, valutando quindi caso per caso riforme, politiche fiscali, investimenti, previsioni di crescita e via dicendo.

Secondo Gentiloni, l’accordo raggiunto «rappresenta un compromesso molto avanzato», nell’interesse «della stragrande maggioranza dei Paesi europei». Il Commissario all’Economia sottolinea come «uno dei contributi più utili alla discussione, e poi anche agli orientamenti della Commissione, sia venuto da una coppia di paesi, diciamo inusuale, come sono stati la Spagna e l’Olanda. Questo dice quanto ci sia un possibile interesse da diversi fronti e ci sia meno quella situazione di trincee contrapposte che c’è stato nel corso degli anni sulle regole fiscali».