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Donne d’impresa in Italia, fra primati e criticità

di Anna Fabi

8 Marzo 2022 18:52

Un quarto delle imprese italiana è al femminile ma sul mercato restano ancora gap da colmare: numeri e criticità dalle associazioni imprenditoriali.

Le donne d’impresa in Italia sono più di un quarto dei titolari d’azienda, un terzo dell’imprenditoria agricola. Siamo al top d’Europa come imprenditorialità femminile nonostante lo scotto della pandemia, che ha generato un tasso di chiusura al 7,8% a fronte di un calo del 6,1% registrato dalla componente maschile. Allargando lo sguardo al mercato del lavoro, le donne restano però penalizzate su vari fronti: occupazione, retribuzione, leadership, conciliazione.

Dalla fotografia scattata dalle associazioni imprenditoriali emerge dunque un maggiore dinamismo rispetto al resto dell’Europa ma inversamente proporzionale sul fronte gender gap. Vediamo i dettagli.

Occupazione femminile

In base ai dati Unioncamere, nel 2020 il tasso di occupazione femminile si attestava al 52,1%, quasi venti punti in meno di quello maschile (71,8%). Oltre a risultare il secondo più basso dell’Unione Europea (dietro la Grecia), dal 2019 al 2021 si è anche ulteriormente ridotto in maniera più marcata rispetto a quello maschile: -2% e -1,5%. Una penalizzazione che si spiega tanto con la contrazione di settori lavorativi a maggiore presenza femminile (dal turismo alla moda, dai servizi alla persona allo spettacolo) quanto con il maggior impegno in casa richiesto alle donne nel periodo del confinamento e in genere della pandemia. Inoltre, non aiuta la differenza di retribuzione ancora diffusa: nel settore privato la retribuzione oraria dei dipendenti uomini supera quella delle donne di 7,2 punti percentuali.

Il gender gap nelle PMI

CNA (Confederazione nazionale artigianato) sottolinea che nelle piccole imprese il gender gap si riduce drasticamente rispetto ai livelli delle aziende di maggiori dimensioni. Se nelle grandi imprese la retribuzione maschile è in media superiore di 17,2 punti a quella femminile, nelle piccole imprese il divario quasi si annulla calando all’1,8%. Lo stesso vale per la presenza di donne lavoratrici dipendenti. Rispetto a una media di occupazione femminile pari al 40,5% nell’intero sistema produttivo, nelle micro-imprese fino a nove dipendenti la quota di posti di lavoro occupati da donne supera il 47%. Si rileva anche che le donne imprenditrici tendono ad essere più inclusive nei confronti delle lavoratrici dipendenti che, specie nelle imprese più piccole, vedono riconosciuti merito, impegno e qualità alla pari dei colleghi maschi.

Imprenditoria femminile

Confartigianato rileva che, con 1,4 milioni di lavoratrici indipendenti l’Italia è al primo posto in Europa, davanti a 1,2 milioni della Francia e a 1 milione di Germania e Spagna. Ma sono anche quelle che hanno pagato il prezzo più alto della crisi pandemica: tra settembre 2019 e settembre 2021, l’occupazione femminile indipendente è diminuita del 7,8%, a fronte del calo del 6,1% registrato dalla componente maschile. Altri dati rilevati dal report Confartigianato: il 61,2% delle imprenditrici si dice pronta ad adottare azioni di sviluppo per la propria azienda. Le donne alla guida di piccole imprese puntano soprattutto a migliorare la qualità del personale con attività di formazione e nuove assunzioni e a cambiare l’organizzazione interna dell’azienda.

Donne d’impresa: ruoli ricoperti

Unioncamere rileva come un quarto dei ruoli imprenditoriali italiani sono coperti da donne: 2,8 milioni in termini assoluti equivalenti al 26,8% del complesso di titolari, amministratori e soci d’impresa del Paese. Numeri che dunque fotografano il gender gap, le donne ai vertici d’impresa sono in netta minoranza, ma si registrano segnali di migliroamento. Nel 2021 il numero delle donne al vertice è leggermente aumentato (+0,88%) pur a fronte di un calo delle donne imprenditrici (-0,46%).

In ogni caso, nelle imprese italiane il numero di donne tende a ridursi con il progredire delle responsabilità. Le donne presidente sono il 18,03% del totale, le vice presidenti sono più numerose, rappresentano il 26,57%. Le amministratrici sono il 22,68%. Il maggior numero di incarichi al femminile si concentra nel ruolo di consigliere, pari al 25,4% del totale. Per quanto riguarda infine gli incarichi manageriali, le donne sono il 15,62% del totale.

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Commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete: «Bisogna far crescere la presenza delle donne nelle imprese. I nostri studi mostrano che le donne sono più innovative, più attente ai valori della sostenibilità ambientale, più responsabili nei riguardi dei loro collaboratori». Daniela Biolatto, presidente di Donne Impresa Confartigianato, sottolinea che per sostenere adeguatamente l’imprenditoria femminile «bisogna agire su diverse leve, anche sugli aspetti fiscali e contributivi a favore di imprese che consentirebbero di favorire la costruzione di un terreno fertile per lo sviluppo imprenditoriale femminile, nonché la promozione di forme di conciliazione vita-lavoro e di welfare territoriale».

La leadership al femminile

Luciana Ciceri, vicepresidente di API, affronta il tema della leadership femminile: «quando si parla di leadership femminile ci si riferisce a una attitudine a condurre caratterizzata da empatia, inclusione, cura, resilienza e coraggio. Capacità non esclusive, anche se spesso caratteristiche, delle donne in posizioni apicali».

Cultura d’impresa

Un report Confcommercio mostra che per 6 sei imprenditrici su dieci del terziario è fondamentale favorire la conciliazione tra lavoro e vita privata, tema per il quale è peraltro massimo lo stacco con gli imprenditori uomini (15 punti) Anche sui temi del sostegno alla genitorialità e delle pari opportunità di carriera e di salario (rispettivamente secondo e terzo per importanza) le quote sono molto più elevate per le donne rispetto agli uomini.

Le oltre 200mila imprese agricole condotte da donne, rileva Confagricoltura Donna, «si contraddistinguono per l’alto tasso di scolarizzazione: due imprenditrici su tre sono laureate. In particolare si occupano di attività innovative, come ad esempio l’utilizzo delle rilevazioni aeree via satellite, con i droni e le etichette parlanti capaci d’individuare la provenienza dei prodotti». «L’agricoltura oltre ad essere un settore produttivo determinante per l’Italia è uno dei comparti economici nel quale si registra il più alto tasso femminile di imprenditrici smart e attente all’innovazione – rileva la presidente di Confagricoltura Donna Alessandra Oddi Baglioni -. Le aziende condotte da donne sono socialmente più responsabili, attente alla sostenibilità, con ampi margini di crescita e aprono la strada ad un futuro più inclusivo per tutti».