Contributi pubblici per finanziare l’innovazione nelle Pmi italiane? Una chimera. Non ci credono più le imprese italiane e i centri di ricerca: il trasferimento tecnologico favorito dai fondi statali non è un punto forte dell’Italia. Almeno a guardare i risultati del programma “Industria 2015“, da pilastro di tutte le speranze di crescita innovativa delle aziende italiane – nei settori Efficienza energetica (Energie Rinnovabili & C.) , Mobilità Sostenibile e Hi Tech per il Made in Italy – a fallimento.
Dal 2007 a oggi, circa 150 Pmi, centri di ricerca e università aspettano i fondi congelati, concessi, promessi e mai erogati dal ministero dello Sviluppo economico.
Non solo: per i 49 progetti approvati finora (per 267 milioni di euro su un totale di 660 milioni), ci si è fermati a pianificare l’erogazione di appena 38 milioni. Entro il 5 agosto dovrebbero andare in approvazione altri 82 milioni per 24 progetti e a settembre arrivare all’80% circa dei fondi promessi. Promette il MiSe. Ma le aziende ci credono poco, ed hanno inviato un formale invito a snellire la burocrazia al ministro Romani, che di fatto impantana i decreti di concessione.
Il problema di fondo non è solo il ritardo nella emanazione dei decreti di concessione quanto la mancata garanzia di una effettiva erogazione dei fondi per quelle imprese che hanno già anticipato il capitale per avviare progetti che, altrimenti, di innovativo non avrebbero avuto più nulla.
Per il Ministero la colpa è anche delle aziende: in alcuni casi non sarebbe stata presentata tutta la documentazione richiesta, ma è un problema che riguarda solo il 13% delle risorse finanziare da erogare, per cui non si può parlare di una causa primaria dei ritardi complessivi.
Da settembre dovrebbe essere possibile consultare online la tabella di marcia con l’avanzamento delle procedure di erogazione. Con la speranza che le misure introdotte nella Finanziaria 2008 – termine della perenzione ridotto da 7 a 3 anni – non implichino, a fine 2011, la necessità di ricorrere a procedure ancora più complesse di quelle attuali per arrivare a “toccare con mano” i fondi promessi.