Pmi e Gestione della Qualità: certificarsi conviene!

di Alessia Valentini

23 Luglio 2008 09:00

Per le piccole e medie imprese, l'utilizzo di un Sistema di Gestione della Qualità (SGQ) non è solo opportunità di facciata ma strumento di cambiamento efficace. Vediamo come e perchè...

Si potrebbe pensare che la piccola e media impresa sia collegata a “piccoli e medi problemi”. Invece, le Pmi sono esposte quanto le grandi aziende a severe leggi di mercato e spietata libera concorrenza. Le strategie per imporsi sulla scena e consolidare il rapporto con i clienti sono il punto di forza di queste piccole realtà, che in Italia sono così tante e diffuse da rappresentare una quota rilevante del PIL.

Uno degli interventi più efficaci in questo senso – che contemporaneamente concorre a ottimizzare la gestione dell’azienda – è il ricorso alla certificazione in qualità secondo la norma ISO 9001:2000. Se implementata in modo corretto e perseguita con regolarità, infatti, questo provvedimento contribuisce significativamente alla tutela del cliente, che percepisce la qualità generale del servizio offerto e la serietà dell’azienda con cui ha rapporti commerciali. Di contro, una certificazione di facciata – frutto di una “qualità acquisita” – non porta a risultati significativi e nuoce l’azienda che lo persegue.

La famiglia delle norme ISO 9000 costituisce una serie di linee guida sviluppate dall’ISO (International standardization Organization) per implementare «un sistema di gestione per la qualità, pensato per monitorare i processi aziendali affinchè siano indirizzati al miglioramento della efficacia e dell’efficienza della organizzazione oltre che alla soddisfazione del cliente».

In particolare, la norma ISO 9001 del 2000 riguarda la definizione dei requisiti dei sistemi qualità, e la versione attualmente in uso è la VISION 2000. In sintesi si può dire che l’implementazione di un Sistema di Gestione della Qualità (SGQ) in un’azienda fornisce indicazioni pratiche ed utili ad operare al fine di fornire un prodotto o un servizio definito di qualità, ovvero rispondente a quanto richiesto dal cliente.

Secondo l’UNI (ente Nazionale Italiano di Unificazione), gli interventi per implementare un SGQ riguardano principalmente 8 aree:
Orientamento al cliente; Leadership; Coinvolgimento del personale; Approccio per processi; Approccio sistemico alla gestione; Miglioramento continuo; Decisioni basate su dati di fatto; Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori.

La soddisfazione del cliente è l’obiettivo primario di tutto il Sistema e chi si certifica in qualità ISO 9001:2000 ottiene un documento che attesta e garantisce l’autenticità e la regolarità dell’implementazione del SGQ in azienda.

L’Ente certificatore è il SINCERT che si avvale della collaborazione di numerosi organismi di certificazione accreditati che operano su tutto il territorio italiano. La certificazione ha un costo e può variare a seconda dei servizi offerti dagli organismi stessi.
Tutto questo vale anche per le Pmi che, in questo modo, allineano la tradizionale gestione basata su compiti personali, ad una gestione basata su processi e maggiormente strutturata.

Opinioni a confronto

Quali sono i reali benefici della certificazione e in che misura l’investimento iniziale viene ripagato in termini di miglioramento generale del business? In un articolo riportato dalla rivista INFOICIM già nel 2004, il giornalista Massimo Mortarino tentava di rispondere identificando «il reale valore delle certificazioni nell’economia di una piccola e media impresa«. I servizi di consulenza e certificazione contribuirebbero ad aiutare la Pmi a “migliorare la propria organizzazione, a valorizzare le proprie competenze e professionalità, a soddisfare i propri clienti e, in ultima analisi, a crescere culturalmente”.

Certo, è unanimemente riconosciuta la tendenza ad acquisire il “pezzo di carta”, come documento formale di certificazione da esibire in caso di necessità ma senza intervenire realmente sulla propria organizzazione. Oggi però questo meccanismo sembra in attenuazione, in favore di una attenta valutazione dei possibili ritorni. Come? Analizzando il rapporto costi/benefici.

Secondo Mortarino, «una certificazione deve offrire valore aggiunto all’azienda, in senso ben più ampio del pezzo di carta/passaporto… individuando punti forti sui quali insistere e punti deboli da migliorare, in ottica di sviluppo. Aumento di capacità competitiva, approccio a nuovi clienti e a nuovi mercati. Uno dei principali significati della certificazione è proprio quello di distinguere l’azienda che la ottiene dalla massa dei concorretità».

Dunque, in questa ottica Qualità non è più parola vuota e priva di significato ma acquista la connotazione di strumento aziendale trasversale all’azienda, poichè influenza tutti i processi: produttivi, commerciali amministrativi, e perché attesta l’impegno e la correttezza del lavoro svolto, nonché il rispetto delle leggi e garantisce l’efficienza data dal rispetto del miglioramento continuo.

Un altro interessante parere viene da Giuseppe Tacconi, consulente per i sistemi di gestione della qualità, collaboratore di 4 organismi di certificazione internazionali e membro del comitato tecnico per la delibera dei certificati per uno di essi.
Con oltre 300 audit di verifica ispettiva all’attivo, Tacconi spiega come il fenomeno dell’SGQ “come pezzo di carta” è anche frutto di un utilizzo da parte dei valutatori della norma ISO 9001 del 1994, poi passati a quella più flessiile del 2000. Nel dubbio interpretativo, hanno preferito raccogliere evidenze documentate piuttosto che oggettive così come auspicato dallo spirito della nuova norma.

Contemporaneamente, il mercato si è saturato di consulenti SGQ «la cui improvvisata attività, priva di esperienza aziendale e di concetti legati alla gestione per processi, ha inquinato il mercato dei professionisti con proposte di sistemi di gestione preconfezionati e inadeguati ai campi di applicazione». Sono quindi proliferati Sistemi di Gestione di Qualità «non sostenibili, popolati di scelte illogiche ai fini del business e del controllo dei processi». Ecco perchè molte Pmi oggi «si accontentano di queste soluzioni minimali, obbligate dalla catena cliente-fornitore certificato ma affidandosi a chi offre certificazioni in tempi rapidi e costi contenuti, a scapito di un risultato di valore».

Vantaggi concreti

Alla luce di questa testimonianza, si rafforza il concetto che la vera soluzione sia invece il ricorso a un SGQ in grado di “su misura” perfezionabile grazie ad una gestione autonoma da parte dei dipendenti stessi. «Non è l’azienda che si deve adeguare alla norma ma i concetti di quest’ultima devono essere utilizzati in azienda in accordo alle modalità gestionali esistenti». Solo così si genera contenimento dei costi e degli sprechi, efficacia produttiva e soddisfazione del cliente.

I dipendenti percepiscono il ricorso ai sistemi di qualità come una “seccatura”, un mero palliativo cui l’azienda deve ricorrere per accedere ai bandi pubblici mostrando il “bollino blu” o per differenziarsi dagli altri. Tutto questo denota però una significativa mancanza di cultura della qualità. oggi lo Stato, rendendosi conto delle “certificazioni di facciata”, ammette anche aziende non completamente certificate ma disposte a gestire la sola opportunità oggetto del bando, secondo la norma ISO 9001:2000. O ancora, è anche diffuso il requisito statale che richiede la certificazione per il solo processo produttivo afferente al bene oggetto del bando.

La vera differenziazione, quindi, va ricercata nel metodo di gestione della qualità e non nel certificato. E’ un significativo cambiamento culturale, che deve essere gestito come un circolo virtuoso orientato al miglioramento dell’impresa.

Secondo lo Studio di consulenza Gian Franco Grassi, che opera da anni nel settore, i risultati ottenibili in azienda dopo l’implementazione del SGQ secondo norma ISO 9001:2000 dopo meno di 6 mesi sono netti, «superiori all’investimento effettuato e con possibilità di mantenimento senza particolari difficoltà».

Quindi, aderire al SGQ ISO 9001:2000 consente di migliorare processi sviluppando efficienza, consapevolezza e motivazione dei dipendenti, con un significativo ritorno in termini di qualità della vita. Gli interventi devono però essere mirati, specie in una Pmi dove spesso l’organizzazione di tipo destrutturato non consente di implementare la pianificazione delle attività e non da importanza al “clima aziendale”o alla percezione dell’immagine che i clienti esterni hanno dell’impresa.

Non si dimentichi poi l’aspetto “sicurezza”, non solo un tema attuale ma un requisito fondamentale di tutela del lavoratore. L’azienda che implementa un SGQ pone delle solide basi di tutela e salvaguardia del proprio personale. Si consideri, infine, un altro importante motivo in favore della qualità: la possibilità di accedere a finanziamenti pubblici per le Pmi che intendono implementare SGQ unitamente ad interventi di innovazione tecnologica.

Il problema principale di una Pmi, però, resta sempre il fattore economico, poichè spesso si fatica a percepire il reale ritorno della implementazione di un SGQ. Da questo punto di vista, però, si deve considerare che esso consente di implementare strumenti efficaci a livello gestionale che possono, ad esempio, scongiurare eventuali sprechi. Inoltre, la qualità del processo influenza tempi e costi di prodotto: l’attenzione al processo migliora la qualità del prodotto e contemporaneamente interviene in termini di recupero costi e dei tempi di realizzazione, contribuendo anche al rapido adeguamento richiesto dal mercato, secondo la legge del “Time-to-Market”.

Vale la pena di ricordare la frase di Peter F.Drucker, considerato il padre del moderno management: «La qualità in un prodotto o servizio non è ciò che il fornitore vi mette. È ciò che il cliente ne ricava e per cui è disposto a pagare. E se il cliente paga, l’azienda non solo ha guadagnato per l’opportunità in corso ma ha fidelizzato un cliente per il futuro».

Ricapitolando, ci si dovrebbe certificare per ottimizzare l’azienda (perfezionare processi, contenere costi, evitare sprechi, soddisfare il cliente; poter provare che il miglioramento generale è ottenuto emdiante SGQ e non è certo casuale ma frutto di una precisa strategia; avere un continuo stimolo a mantenere la qualità raggiunta, grazie a scadenze programmate e controlli esterni.

Concludiamo riportando l’esempio di un’azienda (non un aPmi, ma certo un esempio da seguire9 che ha fatto della Qualità la sua ancora di salvezza: la FIAT: sull’orlo del baratro finanziario, grazie all’impostazione del nuovo Ad Sergio Marchionne – per anni impegnato nell’ambito della qualità – che ha imposto l’operazione “qualità totale” ha portato ad una riqualificazione totale di prodotti e dipendenti. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti!