Facebook pigliatutto, lo strapotere del social network di Mark Zuckberger si conferma ogni giorno di più. A farne le spese, uno dei concorrenti più noti, MySpace, che ha appena annunciato una mega ristrutturazione con un taglio di 500 persone, in pratica quasi la metà del personale a livello mondiale.
In Italia, il social network della NewsCorp chiude i battenti. Alle prese con un drastico calo di utenti e pubblicità, la web company guidata da Mike Jones ha deciso quelle che lo stesso Ceo ha definito «misure dure ma necessarie per consentire alla compagnia di intraprendere un sentiero di crescita sostenibile e di profitto». La ristrutturazione, ha proseguito il top manager, «ci consentirà di muoverci meglio, sviluppare nuovi prodotti più rapidamente e ottenere maggiore flessibilità sul fronte finanziario». Con il «riposizionamento nel settore dell’intrattenimento per la generazione Y (meno di 35 anni), abbiamo un obiettivo più ristretto e un prodotto molto più semplificato».
La mossa, che per la precisione riguarda il 47% del personale, ha rilanciato una serie di indiscrezioni su una possibile vendita in vista dal parte del gruppo guidato da Rupert Murdoch, che aveva acquistato MySpace nel 2005 per 580 milioni di dollari. Per ora si tratta solo di ipotesi, mentre la certezza è che il prodotto non ha dato nemmeno lontamente i risultati sperati, schiacciato dalla concorrenza, in particolare di Facebook.
Quella appena annunciata non è la prima grande ristrutturazione di questi ultimi anni. Nel 2009 MySpace aveva lasciato a casa 420 persone, in un primo tentativo di rendere la compagnia più agile. C’è anche stata una girandola di top managers. Sempre nel 2009, nei mesi immediatamente precedenti all’ondata di tagli, in NewsCorp era stata creata una nuova figura dirigenziale, quella di chief digital officer, per Jon Miller, ex Ceo di Aol, chiamato a coordinare le attività digitali del gruppo.
E ne era quasi immediatamente seguito un cambio al vertice del social network, con le dimissioni del Ceo, Chris DeWolfe, co fondatore dell’azienda insieme a Tom Anderson. Al suo posto si era insediato l’allora 39enne Owen Van Natta, il quale arrivava da Playlist e vantava un’esperienza come chief operating officer proprio in Facebook, dal 2005 al 2008. A MySpace è restato meno di un anno, rassegnando le dimissioni nel febbraio 2010.
È stato sostituito da due co-presidenti, Mike Jones e Jason Hirschhorn, ma quest’ultimo se ne è andato pochi mesi dopo, nel giugno dell’anno scorso. Jones è ora il numero uno, e nei mesi scorsi ha tentato un rilancio rinnovando la veste grafica, proponendo un nuovo logo e iniziando il percorso di focalizzazione sul settore dell’entertainment con il target degli under 35.
Una strada che, evidentemente, per ora non ha portato grandi risultati, anche se lo stesso Jones, annunciando i tagli, ha sottolineato che «la riduzione è esclusivamente legata all’eredità del passato e non riflette in alcun modo la performance del nuovo prodotto». Secondo diversi analisti, MySpace paga il fatto di non aver tenuto il passo con la concorrenza, Facebook in testa, sul fronte dell’innovazione.