Un pc sul banco di goni bambino, lavagna interattiva in classe, un banco interattivo per il lavoro di gruppo, un software per l’apprendimento interattivo, il collegamento a internet. Cosa succede se in una classe della scuola elementare, per esempio una terza, si installano tutte queste attrezzature super-tecnologiche? Se tutto avviene sotto l’attenta gestione di insegnanti impostati alla didattica collaborativa, gli studenti collaborano e si aiutano maggiormente, crsce il senso di appartenza a un gruppo sia dei ragazzi che degli insegnanti, che si sentono valorizzati. Non è un problema imparare ad usare pc, lavagne elettroniche e strumenti hi-tech, non sono necessari particolari corsi preparatori (e poi i sono i ragazzi, nativi digitali, che eventualmente aiutano maestre e maestri). La questione da risolvere è piuttosto legata alla gestione tecnica, da parte della scuola, di tutte queste sofisticate apparecchiature. Tutto questo risulta da un esperimento che è stato promosso da INDIRE-ANSAS, agenzia del ministero dell’Istruzione per l’innovazione nelle scuole, che ha collaborato con l’equipe di Paolo Ferri dell’Università Milano Bicocca, e alcune grandi aziende hi-tech (Intel Italia, Microsoft, Smart Technologies).
Il tutto con la collaborazione della Fondazione ASPHI onlus, che si occupa di tecnologie per l’integrazione delle persone disabili, e dell’Istituto Comprensivo “Baccio da Montelupo”, in Toscana, una scuola che ha all’attivo una grande esperienza nell’uso delle nuove tecnologie in classe.
In questa scuola della provincia di Firenze, in due terze elementari e in una quarta, durante l’anno scolastico 2010-2011, sono state allestite le seguenti dotazioni: per un ogni bambino, un ClassmatePC, il computer pensato e sviluppato da Intel per i più giovani, dotato del sistema operativo Windows 7. In ogni aula ci sono una lavagna interattiva SMART BoardTM e un banco interattivo digitale SMART TableTM per lavorare in gruppo. Tutti gli strumenti sono collegati tramite il software per l’apprendimento interattivo SMART Classroom SuiteTM che consente di scambiare materiali da un computer all’altro, di condividere un progetto in gruppo e di usare la LIM (lavagna interattiva) come luogo per vedere e modificare il lavoro fatto dai bambini sui loro pc. Da tutti i dispositivi è inoltre possibile l’accesso a internet.
L’esperimento è servito a rispondere alle seguenti domande: cosa succede nella classe iper-tecnologica? Come cambiano i rapporti tra i bambini e tra i bambini e gli insegnanti? Dove vanno a finire la socialità, l’aiuto reciproco e la collaborazione fra pari, aspetti determinanti di una scuola ben fatta?
Come detto, i riscontri sono stati sostanzialmente positivi. Nell’ambiente di apprendimento tecnologico non si è più soli o più competitivi ma che, al contrario, si collabora e ci si aiuta di più. E’ molto importante che le regole di base dell’ambiente di apprendimento siano decise dagli insegnanti, e nel caso del team di Montelupo c’era già una forte propensione alla didattica collaborativa. I ragazzi hanno lavorato più agevolmente in gruppo, aiutandosi e sostenendosi reciprocamente usando i computer e la rete.
La presenza della tecnologia in questo contesto didattico serve a far crescere il senso di identità, di appartenenza al gruppo, agevola e rafforza la percezione da parte degli insegnanti della crescita del loro sviluppo professionale e influisce positivamente sul clima di collaborazione tra insegnanti, anche al di fuori del gruppo impegnato nella sperimentazione, attivando interessanti processi di disseminazione e di scambio di pratiche professionali.
Inserire gli strumenti digitali nelle classi non è stato difficile. Da una parte le interfacce sono sempre più immediate, dall’altra i bambini, nativi digitali, sono di fatto diventati una risorsa per gli insegnanti, che invece sono digital immigrant. Comunque, l’apprendimento è stato facile e intuitivo.
Il problema maggiore è rappresentato dall’installazione e della manutenzione delle reti e degli strumenti da parte della scuola, che non ha al suo interno figure tecniche competenti e deve ricorrere all’aiuto di aziende esterne, con un impegno finanziariamente rilevante.
La sperimentazione sta proseguendo in questo anno scolastico, valutando nuovi aspetti legati all’apprendimento hi-tech. La ricerca viene condotta con i classici metodi qualitativi: i ricercatori vanno in classe, registrano, osservano, intervistano, conducono focus group, raccolgono disegni e testi dei bambini.