Adobe: i temi della digitalizzazione del Sistema Paese

di Barbara Weisz

Pubblicato 13 Luglio 2020
Aggiornato 22 Luglio 2020 16:49

Servizi digitali facili da usare, cultura dell'innovazione, formazione e tecnologie adeguate: la vision di Federico Tota, country manager Adobe, intervistato da PMI.it in occasione di Forum PA.

«La tecnologia è un abilitatore» di innovazione, ma da sola «non è sufficiente». La sfida del digital divide si affronta con un mix di competenze, che non sono esclusivamente, o necessariamente, tecnologiche. Questa la vision di Federico Tota, country manager di Adobe Italia, che PMI.it ha intervistato a margine di Forum PA, evento al quale il colosso informatico è tornato a partecipare dopo diversi anni di assenza. Un ritorno determinato da diversi elementi, spiega Tota: «in Adobe, negli ultimi quattro o cinque anni abbiamo rifocalizzato l’offerta sia sulla Pubblica Amministrazione  centrale sia su quella locale, attraverso il marketplace di Consip «ed entrando nel network di AgID con certificazioni importanti. Ci siamo resi conto che il Sistema Paese non può prescindere dalla digitalizzazione».

Non è stata quindi l’emergenza Covid a determinare questa scelta, che era già prevista. Certo, il Coronavirus ha accelerato una serie di processi, e la crisi «ha ulteriormente palesato la necessità di essere digitali, rafforzando un percorso» che era comunque già stato intrapreso.

Adobe ha presentato un’indagine sulla digitalizzazione nella PA, da cui emergono crescente consapevolezza rispetto alle nuove esigenze di innovazione ma anche una serie di punti critici (per esempio, legati alla frammentazione dei servizi).

Fra i punti di partenza, un dato evidenziato dall’indice DESI, in base al quale c’è una dicotomia fra la disponibilità dei servizi digitali offerti dalla Pubblica Amministrazione e il loro effettivo utilizzo da parte di cittadini e imprese: «come Sistema Paese l’Italia è al quart’ultimo posto per la digitalizzazione dei sistemi e l’adozione di soluzioni digitali. Ma a livello di servizi siamo messi molto meglio.

Il punto è che non tutti i cittadini, siamo sotto il 35%, accoglie il servizio digitale in modo positivo». Nel dettaglio, solo il 32% degli utenti italiani usufruisce attivamente dei servizi di e-government, rispetto a una media UE del 67%.

Significa che il problema è la qualità dei servizi? I motivi fondamentali sono in realtà due.

Esperienza utente

Per prima cosa, «il servizio digitale deve cambiare nella sua accezione ed essere visto come esperienza digitale. Il fatto di creare il servizio, e supportare l’amministrazione nell’erogarlo, per noi è il pane quotidiano». Bisogna fare un salto,  privilegiando una serie precisa di elementi: «facilità d’uso, rilevanza, interoperabilità, fruibilità da qualsiasi touchpoint digitale».

Le aree d’intervento che, in base all’indagine, vengono considerate prioritarie: Service Design, User Interface, User Research, Content Design.

«La progettazione di servizi più efficaci è alla base» delle strategie che vanno adottate, spiega Tota, il quale sottolinea come questi temi spesso «non sono ancora sviluppati nella Pubblica Amministrazione. E’ invece quello che inseguono le aziende». In ogni caso, sia nel privato sia nel pubblico la priorità è che nel servizio digitale bisogna privilegiare «l’esperienza, perché nessuno compra una soluzione, ma l’esperienza utente». Quando ad esempio facciamo un acquisto online, «siamo naturalmente portati a tornare su un sito o su una app che abbiano trovato facile. Il livello di servizio è molto importante».

Il fattore umano

E veniamo a un’altra evidenza emersa dall’indagine, che riguarda un punto fondamentale per la digitalizzazione, anche delle imprese: trasformazione digitale non significa solo adozione di strumenti e tecnologie avanzate ma anche competenze e cultura dell’innovazione.

La vision del country manager: «la tecnologia è un abilitatore ma non è sufficiente. Non è solo la tecnologia il problema, bisogna affrontare in modo strategico il digital divide». Con le competenze adeguate. Come «il change management: non c’è amministrazione digitale senza organizzazione. E’ un tema complesso che passa dalle skill e dalle persone« Per dirla in parole semplici, «il fattore umano è fondamentale». In questo senso, «noi software vendor abbiamo un compito importante, anche sociale, quello è quello di aiutare i paesi e le amministrazioni a creare la consapevolezza e a diffondere gli skill».

Adobe «da un paio anni ha una academy, che prevede un percorso di formazione, quasi gratis per PA e partner importanti sul mercato italiano, con l’obiettivo di diffondere skill ed expertise». E fornisce una certificazione.

Le nuove competenze delle persone? CDO (Chief Digital Officer), Lead of Digital, Lead of Communication. Figure ibride, con competenze IT di base. Ma che, ancor di più, devono essere precursori», ad esempio sui temi legato al dato. «I famosi data scientist che sanno leggere il dato e renderlo azionabile, diventano l’asset vero».

Il ruolo dei vendor

I vendor, come Adobe, devono porsi come un ponte fra gli amminstratori IT, il business, il marketing, la comunicazione. Un compito difficile quando si interagisce con la PA italiana? «Onestamente no. E’ vero che spesso non ci sono figure specifiche che si occupano di marketing, o del digitale. Ma al di la degli acronimi, c’è la volontà di informare il cittadino ed erogare servizi avanzati. Noi parliamo con l’IT, ma anche con la Comunicazione, che deve informare sui servizi. Perchè è importante che il cittadino sappia che un servizio esiste, e che sia messo nelle condizioni di poterlo usare.

Cosa fa Adobe per aiutare la PA italiana a migliorare il livello di digitalizzazione? «Abbiamo impostato un percorso strutturato, per la PA centrale e per quella locale. Siamo sul marketplace di Consip, il portale del procurement pubblico. Facilitiamo anche le organizzazioni medio piccole. Lavoriamo in sinergia con altri grossi player, come Microsoft e Telecom, all’insegna del risorgimento digitale. Andiamo nelle piazze» per informare, coinvolgere e avvicinare il cittadino al mondo ICT.

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E’ un momento particolare, in considerazione della pandemia. «Siamo già nel new normal. Si sono accese le luci sulla digital transformation, soprattutto nella Pubblica Amministrazione. La pandemia ha impresso un’accelerazione molto forte. Quello che è successo nelle banche in tre mesi, avrebbe richiesto anni. Tempistiche come quelle che abbiamo visto nel predisporre una trasformazione digitale, non le avevamo mai sperimentate precedentemente. Lo stesso farà anche la pubblica amministrazione, si va in questa direzione».

«L’Italia ha bisogno di snellire e semplificare i processi. In questi giorni, se ne parla molto», e il Governo ha appena approvato un nuovo decreto semplificazioni. «Speriamo che il Paese possa fare salto in avanti, perché soltanto snellendo si può pensare di arrivare a un paese digitale».

Fra i temi fondamentali, il Cloud, che però «è lontano da tanti tavoli. Per parlare di una cosa concreta, non c’è un listino Consip sul sas, software as a service. E’ un fattore sul quale dobbiamo spingere velocemente. Noi, insieme ad altre aziende, siamo abilitatori di questa espansione, ma l’adozione del cloud deve continuare a essere stimolata. Creare una community di aziende, più che rimanere competitor, per far capire all’Italia che è ora di cambiare e fare definitivamente il salto digitale».