I tagli agli enti locali vengono ridotti di 1,8 miliardi. I piccoli comuni non vengono soppressi, ma devono accorpare le funzioni. Sparisce la riduzione delle province, che viene rimandata a una futura legge costituzionale. Sono le maggiori novità che emergono dagli emendamenti alla manovra bis di Ferragosto, così come l’ha presentata ieri sera il Governo. E continuano a non piacere agli enti locali, che restano sul piede di guerra, trasversalmente: gli amministratori di Regioni, Province e Comuni di centro destra e di centro sinistra criticano pesantemente la manovra finanziaria.
Il motivo di scontento numero uno è rappresentato dai tagli, che gli enti locali chiedevano fossero dimezzati rispetto alla precedente versione della manovra, e che invece sono ridotti di 1,8 miliardi. Soldi che arriveranno dalla Robin Hood tax: il gettito dell’imposta sulle società energetiche andrà interamente agli enti locali, mentre nulla viene destinato ai ministeri (l’ipotesi iniziale era di utilizzarla per ridimensionare i tagli in manovra per 900 milioni agli enti locali e per altri 900 ai ministeri). Insoddisfazione anche sul fronte del provvedimento sui piccoli comuni (l’Anci chiedeva lo stralcio dell’articolo 16).
Risultato: ieri, al termine dell’incontro con il governo a Palazzo Chigi sulla manovra, il presidente dell’Anci Osvaldo Napoli dopo aver espresso un giudizio «fortemente negativo», e «addirittura peggiorativo rispetto a lunedì scorso» ha annunciato «una manifestazione congiunta di comuni, province e regioni in programma per lunedì promeriggio a Roma contro i tagli previsti dalla manovra finanziaria per tutto il comparto delle autonomie locali». Sempre lunedì l’Anci chiederà «un appuntamento al presidente del Senato Renato Schifani e a tutti i capigruppo di centrodestra e centrosinistra per spiegare una situazione che è diventata insostenibile. La ricaduta di questi tagli ricadrà sulla gente e non sul pubblico amministratore».
Dunque continua la mobilitazione di Comuni ed enti locali che, vale la pena di ricordarlo, lunedì scorso avevano manifestato a Milano proprio contro la manovra (prima del vertice di Arcore e quindi delle novità degli ultimi giorni).
Le proteste arrivano un po’ da tutte le parti. Renata Polverini, presidente Regione Lazio, tuona: «viene confermato un taglio da 4,2 miliardi e non ci viene neppure detto dove si recuperano 1,8 miliardi. Temiamo che alla fine della fiera non ci sia copertura nemmeno per questi». Il collega lombardo Roberto Formigoni non è da meno: «il governo dica ai cittadini che la situazione è così grave da non poter più garantire il trasporto pubblico locale». Per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, la situazione è «drammatica e va al di là degli schieramenti politici», per il collega milanese Giuliano Pisapia «l’unica cosa che rimane sono i tagli agli enti locali», e questo è «inaccettabile».
Quanto ai piccoli comuni sotto i mille abitanti, l’articolo 16 del decreto di Ferragosto ne stabiliva la cancellazione, mentre ora si parla di accorpamento: sparisce la giunta, restano il sindaco e sei consiglieri, e bisogna procedere all’accorpamento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici con altri comuni fino a raggiungere i 5mila abitanti. Il tutto, a partire dalla prima scandenza elettorale dopo il 13 agosto 2012. Il vicepresidente dell’Anci Enrico Borghi definisce il provvedimento «incommentabile», per Alemanno la norma è «inaccettabile».