Ci sono una serie di elementi che frenano la crescita italiana e che riguardano specificamente il settore pubblico. Parola del Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che ieri nelle sue Considerazioni Finali [scarica il documento…] (le ultime in Via Nazionale, prima di diventare presidente della Bce) è tornato a puntare il dito contro la lentezza della ripresa nel paese, ha ricordato il quadro macroeconomico, e spiegato dettagliatamente quali sono i punti critici. Non ha fatto particolari sconti: le imprese, le politiche governative, l’Europa. E anche la pubblica amministrazione.
In primo luogo, la giustizia civile. «La durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale». Il risultato in termini di ricadute economiche secondo gli studi di Bankitalia può raggiungere un punto di pil all’anno.
Poi, l’istruzione. Occorre proseguire nella riforma, «già in parte avviata, con l’obiettivo di innalzare i livelli di apprendimento, che sono tra i più bassi nel mondo occidentale anche a parità di spesa per studente. Troppo ampi restano i divari interni al Paese: tra Sud e Nord, tra scuole della stessa area, anche nella scuola dell’obbligo». E ancora, più concorrenza fra università, che porti ad avere poli mondiali di eccelleza, e più laureati. In gioco, secondo stime Ocse, c’è anche qui un punto di Pil.
Terzo, le infrastrutture, dove l’Italia realizza «opere meno utili e più costose che altrove». La spesa pubblica dagli anni Ottanta al 2008 è stata maggiore a quella degli altri paesi europei in rapporto al pil. I problemi riguardano «incertezza dei programmi, carenze nella valutazione dei progetti e nella selezione delle opere, frammentazione e sovrapposizione di competenze, inadeguatezza delle norme sull’affidamento dei lavori e sulle verifiche degli avanzamenti».
Ad esempio, «i progetti finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale vengono eseguiti in tempi quasi doppi rispetto a quelli programmati, contro ritardi medi di un quarto in Europa, e i costi eccedono i preventivi del 40%, contro il 20 nel resto d’Europa. Nell’alta velocità ferroviaria e nelle autostrade i costi medi per chilometro e i tempi di realizzazione sono superiori a quelli di Francia e Spagna».
E ancora, nelle autostrade «sono stati completati poco più del 60% degli ampliamenti concordati nel 1997 tra l’ANAS e la principale concessionaria” e “meno del 30 di quelli decisi nel programma del 2004».
Draghi ha insistito anche in altre parti del discorso sul concetto che bisogna fare meno spese inutili e più scelte mirate. Ad esempio, tagliando le tasse a imprese e lavoratori e recuperando il minor gettito con la lotta all‘evasione. E, nelle politiche di bilancio, non facendo tagli uniformi, che fra l’altro penalizzano le amministrazioni più virtuose, e l’intera crescita del paese (di circa due punti all’anno).
Draghi conclude il suo discorso con un richiamo alla storia e ai 150 anni e citando Cavour: «le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano».
Un plauso immediato è arrivato dal ministro dell’Innovazione, Renato Brunetta, che è un economista, e che ritiene che il Governo debba «far tesoro di queste indicazioni e procedere tempestivamente all’adozione di tutte le misure, già nell’agenda dell’esecutivo, per contribuire alla crescita».