La disputa si è addirittura guadagnata una
voce su Wikipedia (versione in inglese) e affonda le sue radici nel difficile rapporto che i contendenti hanno sempre avuto per quanto riguarda le questioni territoriali.
È dal 1972, anno in cui gli Stati Uniti abbandonarono le isole Senkaku dopo 17 anni di occupazione post bellica, che la Cina, il Giappone e Taiwan rivendicano l’appartenenza del piccolo arcipelago disabitato ai propri confini nazionali.
Attualmente il gruppo di isole fa parte dell’estrema propaggine meridionale della prefettura nipponica di Okinawa ed è per questo che il ministro degli esteri Seiji Maehara è saltato sulla sedia alla vista del nome cinese su Google maps proprio sopra quella piccola, ma importante, estensione territoriale giapponese.
A notare la scritta in mandarino su Senkaku, poco distante da quella in giapponese, è stato un parlamentare d’opposizione del partito Liberaldemocratico, che ieri ha personalmente consegnato ai rappresentanti della divisione nipponica di Google la richiesta di cancellazione del nome cinese. «Le isole Senkaku fanno parte del territorio giapponese – ha detto Maehara -, e ho intenzione di portare avanti una richiesta formale come ministero degli Esteri».
Google Japan ha fatto sapere che l’azienda non ha ancora ricevuto comunicazioni ufficiali dal ministero sulla questione, ma che è «pronta a valutare la domanda».Recentemente l’area è stata teatro di una disputa diplomatica tra le due potenze economiche dell’Asia orientale, ancora oggi non del tutto appianata, dopo che Tokyo aveva fermato presso le isole un peschereccio cinese e detenuto per alcuni giorni il suo capitano, provocando la dura protesta di Pechino.