Le nuove misure per ottimizzare la PA

di Alessia Valentini

Tornano le accuse alla PA nel solito refrain "è pieno di fannulloni". Le proposte aggiornate da parte del governo, delle parti sociali e degli stessi dipendenti pubblici

Cambiano i governi, i ministri, i ministeri (accorpati diversamente rispetto alla precedente legislatura), ma si assiste periodicamente e puntualmente ad un ritornello che non cambia mai: “nella Pubblica Amministrazione vivacchiano i fannulloni, quindi ci vogliono dei rimedi efficaci”. Tante le proposte anche nel corso della precedente legislatura, ma in Italia spesso si riparte da zero ed ecco quindi che per contenere e risolvere il problema persistente degli sprechi nella PA e contenere la spesa pubblica, si assiste ad un nuovo attacco ai fannulloni. Fioccano quindi nuove o rinnovate idee e iniziative come se tutto il tempo già trascorso non fosse mai esistito. Ma i diretti interessati, sindacati e dipendenti pubblici, vigilano e giustamente si fanno sentire.

Il professor Renato Brunetta poco dopo il suo insediamento come Ministro della PA e dell’Innovazione, fornisce i numeri dei fannulloni pubblici: un milione, senza però rendere noto il metodo di calcolo utilizzato dal Ministero e senza specificare quanti di questo milione sono dirigenti della PA e quanti impiegati, quanti sono per ogni ministero e soprattutto i nomi dei malfattori! Data l’affermazione è oggettivamente arduo stabilire se il numero costituisca un dato affidabile o meno. Certo la polemica è sempre sentita ed accresce così l’attenzione sui rimedi proposti. Primo fra tutti licenziare i fannulloni. A suo dire «ci sono le leggi che consentono la cassa integrazione e il licenziamento, solo che non sono mai state utilizzate», e ancora «è un miracolo che la Pubblica amministrazione ancora stia in piedi non avendo strumenti come gli incentivi, disincentivi, premi e punizioni. Un’azienda privata in queste condizioni avrebbe già chiuso».

Il piano di Brunetta, Linee Programmatiche sulla riforma della Pubblica Amministrazione, si basa su 5 affermazioni di partenza, a cui risponde con altrettanti rimedi:

  1. La dotazione dì capitale umano della nostra Pubblica Amministrazione è mediamente adeguata e addirittura, comparata a quella disponibile nel settore privato
  2. I livelli retributivi sono allineati al settore privato e contrassegnati da una dinamica di crescita più favorevole
  3. La produttività media dei dipendenti pubblici e l’efficienza media delle organizzazioni pubbliche sono assai basse
  4. Il deficit competitivo comparato deriva sia da regole sia da forme organizzative inadeguate
  5. Mancanza della figura del datore di lavoro a cui sia possibile imputare l’eventuale responsabilità di un “fallimento” dell’Amministrazione