Non succede spesso di vedere brillanti donne a capo di grandi aziende, solide e potenti tanto da offuscare l’immagine dei consorti ai quali sono succedute nella guida del gruppo di famiglia. La Germania dà il buon esempio con il colosso auto Volkswagen, un caso più unico che raro nell’Europa bacchettata dalla commissaria europea alla giustizia Viviane Reding per lo scarso impegno nella promozione delle quote rosa.
Il caso più eclatante degli ultimi giorni è rappresentato dalla cinquantacinquenne Ursula Piëch, moglie di Ferdinand Piëch, sulla via dei 75 anni, e presto alla guida del gruppo Volkswagen se il sindacato darà il suo parere favorevole. L’ingresso della Piëch nel consiglio di sorveglianza siglerebbe la continuità dinastica, fortemente sostenuta da marito – che già poteva averla al suo fianco come vice presidente nelle fondazioni del gruppo – e non ostacolata dagli altri vertici aziendali.
Per l’amministratore delegato Martin Winterkorn si tratta di una leader “Estremamente competente, pensa con vera mentalità da imprenditrice. Sebbene debba essere deciso, è la condizione perfetta per garantire il successo del gruppo”.
Un esempio di donna manager arrivata al successo partendo praticamente dal nulla, maturando esperienza e competenza negli anni nonostante abbia esordito nel mondo del lavoro facendo da baby sitter in casa Piëch. A questo esempio di dirigente di sesso femminile, che con la sua leadership nel gruppo Volkswagen diventerà la prima ad avere questo primato nel settore auto, si affiancano tuttavia altri volti di donne protagoniste dell’economia tedesca, come Friede Springer e Liz Mohn.
La prima salì alla guida del gruppo Springer per volere del marito Axel Cesar, che indicò la sua erede impossibilitato a portare avanti il suo impegno a causa di una grave malattia: una scelta che si è rivelata più che positiva, anche per la crescita e l’innovazione dell’azienda. La seconda è la vedova di Reinhard Mohn, integrata a piccoli passi nella guida della multinazionale Bertelsmann, una donna alla quale è stato riconosciuto il merito di aver spinto l’azienda verso la tecnologia, intuendo il potere del mondo virtuale anche nel settore dell’editoria.
Con l’ingresso di Ursula Piëch nella holding Volkswagen, in definitiva, si consoliderebbe la tradizione evidentemente molto viva in Germania di affidare l’impero economico costruito negli anni alle donne di famiglia, un modo come un altro per sottolineare l’intenzione dei fondatori di mantenere proprio in famiglia il nucleo centrale dell’azienda, nonostante l’espansione a livello internazionale.